Vinyls in bilico, per gli operai sperare è ancora presto - Diritto di critica
Protestare dall’alto è diventata una necessità: solo se rischi di precipitare dalla cima di gru, ciminiere o palazzi puoi sperare di essere ascoltato. Ieri è toccato agli operai della Vinyls, azienda chimica fallita che tra i tre stabilimenti di Porto Torres, Ravenna e Porto Marghera dava lavoro a 5mila famiglie, più altre 10mila legate all’indotto. Son saliti a protestare a 150 metri d’altezza per la seconda volta in quindici giorni, mentre sotto si decide per loro.
Siamo alle battute finali di un’epopea iniziata 292 giorni fa, come segnano scrupolosamente i combattenti dell’Isola dei Cassintegrati, che dal primo giorno di cig occupano il carcere dell’Asinara in segno di protesta. Da quel lontano 18 ottobre 2009, di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Il governatore della Sardegna, Ugo Cappellacci, ha promesso a più riprese una rapida soluzione della vertenza per i primi mesi del 2010, salvo poi sparire dopo maggio. A novembre è tornato, con un raid smagliante, insieme al neo ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani, anche lui spigliato e convinto di poter chiudere tutto in pochi giorni. Ma le trattative, iniziate tardi e male, sono ancora in corso: grazie anche all’assunzione dell’interim di questo ministero da parte del premier Berlusconi, che di fatto ne ha congelato per oltre 140 giorni l’attività (d’altronde, durante l’estate degli scandali c’era altro da fare…).
Da una parte c’è l’Eni, che attraverso la Syndial controlla il morente gruppo chimico: l’uomo di riferimento è Bellodi, che non vede l’ora di vendere tutto e liberarsi di questo peso. Dall’altra i russi della Yukos Oil, celati dietro il fondo d’investimento svizzero Gita. Il nome non è nuovo alle cronache: la Yukos appartiene al magnate Mikhail Khodorkovsky, esiliato da Putin negli anni della sua presidenza per lasciare campo libero a Gazprom. Curioso che proprio l’Eni, ormai legata a doppio filo con Gazprom grazie al discusso gasdotto South Stream, si trovi a fare affari con l’oligarca arcirivale di Putin. Curioso e inquietante, visto che lo stesso Khodorkovsky è stato condannato nel 2005 per evasione fiscale in Russia, e la sua gestione (anche se giudicata da occhi tutt’altro che imparziali, cioè per volontà di Putin) è sempre stata all’insegna del torbido e dell’illegale. Dal basso, o meglio dall’alto delle ciminiere e delle gru del petrolchimico, l’opinione degli operai cassintegrati è semplice: “Chi se ne frega se son russi o svizzeri, chiudete le trattative.” Entro natale, sperano. Mentre Romani parla di una firma sicura entro febbraio.
La proposta nel piatto è ghiotta: gli svizzeri-russi parlano di rilancio per l’intero ciclo del cloro, che comprende sia gli impianti del cvm/pvc di Vinyls fermi da oltre un anno, sia il clorosoda di Syndial già smontato e bonificato. Su quest’ultimo, l’Eni ha voluto chiarire bene che non sborserà un centesimo: “se il fondo Gita vuol realizzare il nuovo impianto del Clorosoda con le celle a membrana, sarà a loro totale carico”. Meglio metter le mani avanti, visto che “avevamo preso l’impegno a partecipare al 50%, ma la situazione ora è cambiata: la Vinyls ci deve ancora 120 milioni di euro”. Ancora nebulosa la promessa di una newco da 100 milioni di euro di capitale sociale, di incerta spartizione e ancor più incerta solidità.
Nei prossimi giorni i rappresentanti del fondo Gita firmeranno la lettera di «confidentiality agreement» (impegno alla riservatezza) per accedere alla consultazione dei documenti legali, economici e industriali degli asset societari che Syndial è pronta a cedere. Momento delicato, visto che già l’araba Ramco era arrivata a questa fase, salvo poi scappare a gambe levate quando ha aperto i libri contabili. Come andrà stavolta? I cassintegrati dovranno cercare altre ciminiere e gru più alte per ottenere il posto di lavoro, o potranno scendere e tornare a casa?
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Ciao, vorrei segnalare il sito ufficiale della protesta Vinyls: http://www.isoladeicassintegrati.com
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