Giornalismo di qualità, ne parla Marco Travaglio - Diritto di critica
L’unica cosa su cui sono d’accordo è che il giornalismo, così com’è non funziona. Soprattutto in Italia, ma anche in Germania le cose non vanno troppo bene. Colpa della concorrenza sleale di internet, degli editori impuri, dei giornalisti servi. Ecco un breve scorcio del dibattito organizzato ieri a Roma dall’istituto tedesco Konrad Adenauer, con gli ospiti italiani Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano) ed Enzo Iacopino (presidente dell’Ordine dei Giornalisti).
Esiste il giornalismo di qualità nel mondo di Internet? “Difficile. Perchè se la qualità e il prezzo di un bene non viaggiano di pari passo, si crea un cortocircuito”, risponde Stephan Russ-Mohl, dell’Osservatorio europeo sul giornalismo (EJO). “La gente non accetta più di premiare la qualità pagandola il giusto, e finisce per chiedere soltanto prodotti gratuiti. Ed è improbabile mantenere standard qualitativi decenti, senza adeguati compensi per giornalisti ed editori.” Sulla stessa linea anche Travaglio: “E’ pericoloso aspettarsi che il giornalismo di qualità possa essere gratuito. Così apre solo le porte ad altre forme, magari più subdole, di pagamento, come la pubblicità o il consenso politico.”
Come finanziare il giornalismo di qualità, allora? “Non certo con i contributi pubblici, anzi le mazzette pubbliche”, avverte il giornalista-simbolo del Fatto Quotidiano: “ogni anno gli editori vanno a mendicare col cappello in mano davanti al Parlamento, ottenendo soldi in cambio di favoritismi e linee morbide”. Una situazione che i colleghi tedeschi stentano a comprendere. Paul-Josef Raue, caporedattore del Thuringen Allgemeine (quotidiano locale da 200mila copie della Germania Centrale), assicura che da loro il problema non esiste: “da noi i giornali a copertura locale sono la spina dorsale dell’informazione. Con 1500 redazioni locali, diamo notizie che su Internet non arrivano, e che interessano i lettori perchè sono vicine alla loro realtà. E grazie all’elevato numero di abbonamenti a basso costo (con circa 80-90 centesimi a numero, il giornale viene recapitato a casa), riusciamo a mantenere un margine di profitto accettabile”.
Ci salveremo con giornali piccoli e locali? “Anche da noi i giornali locali sono tanti, ma sono tutti espressione di piccoli potentati economici e politici”, commenta tristemente Enzo Iacopino. Che concorda con Travaglio: “in Italia mancano gli editori puri, il conflitto d’interessi è generalizzato. Anche lasciando da parte il caso Mediaset-Berlusconi, non c’è un solo editore che sia interessato a vendere copie. Sono tutti attentissimi ad usare le proprie pagine come bastoni per minacciare e colpire i politici non ubbidienti e come carote per premiare quelli fedeli. Basta guardare la nuova tendenza dei proprietari di cliniche private, che si scoprono improvvisamente un’anima da editori. Passione per il giornalismo o per le ricche convenzioni pubbliche da ottenere dai politici?”
Si discute anche del caso Fatto Quotidiano, esempio di successo editoriale libero da editori impuri, da finanziamenti pubblici e da legacci di sorta. Dopo il primo anno di attività, la tiratura quotidiana resta sulle 70-80mila copie cartacee, a cui si aggiungono 45mila abbonamenti online e non. L’utile del primo esercizio è di vari milioni di euro, e potrà finanziare inchieste e nuove assunzioni. Peccato che lo stesso Travaglio sia scettico: “Non so quanto sia esportabile questo modello. Lo spazio editoriale che il Fatto ha riempito mancava da tempo, ora non riesco oggettivamente a vederne di nuovi. E comunque fuori dall’Italia mancherebbero le condizioni sociali, politiche ed economiche per farlo”. Un caso di scuola, insomma.
E i giovani? La crisi non è solo italiana. Un ragazzo tedesco alza la mano: “Lavoro per un giornale che perde copie ogni giorno, e i posti di lavoro stanno seguendo le copie. Com’è possibile fare giornalismo di qualità se finisce per costare 3-4 o anche 5 euro a numero, come Die Welt?” Il silenzio è bipartisan, esperti italiani e tedeschi tacciono. Un altro, un italiano, chiede come si fa a restare con la schiena dritta se si viene pagati una miseria, pochi euro al pezzo (e non sempre) in qualsiasi giornale, piccolo o grande che sia. “Non ho soluzioni da darvi”, risponde quasi provocatorio il presidente Iacopino. “La colpa è nostra, di noi giornalisti, ma più che denunciare lo status quo non possiamo fare altro. In parlamento non ci vogliono bene e anche se questo è motivo d’orgoglio, non è facile cambiare la situazione”. Grazie tante. Qualcuno però spera ancora, visto al dibattito assiste metà di una scuola di giornalismo. Forse la soluzione la troveranno da soli.
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