Stefano Cucchi, un anno dopo - Diritto di critica
Ricordare Stefano Cucchi un anno dopo. Ancora molte cose non sono state chiarite, mentre i media hanno spento i loro riflettori. Stefano è morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma il 22 ottobre 2009, una settimana dopo il suo arresto e isolamento da parte delle forze dell’ordine. Dopo un anno, la famiglia ha richiesto una nuova perizia.
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Il ragazzo di Tor Pignattara (quartiere della periferia romana) venne sorpreso con alcuni grammi di droga nel Parco degli Acquedotti, e in seguito arrestato e isolato dalla famiglia. A fermarlo furono i carabinieri, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, assieme ad un amico: addosso aveva marijuana e due grammi di cocaina. I due vennero condotti al Comando di Capannelle, dal quale l’amico venne poi rilasciato, mentre Stefano fu trattenuto e trasferito. Evidentemente c’era qualcosa che i carabinieri volevano sapere da lui.
Il 16 ottobre si tenne il processo per direttissima, ma a Stefano non furono concessi immediatamente i domiciliari: l’udienza fu rinviata al 13 novembre. Secondo la sorella dello sfortunato giovane, in tribunale si parlò di Cucchi come di una persona senza fissa dimora. Eppure i carabinieri, la notte prima, avevano fatto irruzione in casa dei genitori per cercare la droga: “sapevano perciò dove abitava”, disse la sorella Ilaria. In tribunale, inoltre, i familiari trovarono la sua faccia già gonfia, nonostante lui sostenesse di non aver subito violenze di alcun tipo. Il 17 ottobre Stefano fu ricoverato al Sandro Pertini, nel quale si spense cinque giorni dopo. I suoi genitori non riuscirono mai a far visita al figlio. Per incontrare Stefano avevano bisogno di una specifica autorizzazione e nessuno si adoperò mai per aiutarli a ottenerla.
A seguito della morte di Stefano, la Procura ha avviato un processo a carico delle guardie carcerarie imputandole di lesioni personali, sostenendo, inoltre, che a causare il decesso sia stata la scarsa attenzione del personale sanitario. I familiari non ci stanno: i legali della famiglia Cucchi chiedono che sia fatta giustizia e si sono costituiti parte civile, insieme al Comune, di Roma, nell’udienza preliminare che si è tenuta il 5 ottobre a Roma a carico di 13 imputati (le 3 guardie, un dirigente dell’amministrazione penitenziaria e 9 tra medici e infermieri), chiedendo un nuovo accertamento medico che però è stato rifiutato. L’obiettivo finale della famiglia è quello di fare imputare ai tre agenti il reato di omicidio preterintenzionale, e non quello di lesioni personali. L’auspicio è che quello in questione non rappresenti l’ennesimo caso irrisolto di una serie in cui è lo Stato, e i suoi ufficiali, ad essere accusato di omicidio.
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