Dalla Camera, l'opposizione che non ti aspetti. I Finiani? No, Di Pietro. - Diritto di critica
Come volevasi dimostrare. Nei suoi discorsi alla Camera dei Deputati, in occasione del voto di fiducia che riguarda i “cinque punti” peculiari del lavoro del Governo, il Presidente del Consiglio prova a ribadire ciò che già aveva sottolineato in innumerevoli occasioni, riassumendo nuovamente un bollettino esposto migliaia di volte in 16 anni (di cui poche a Montecitorio). E che ha delle costanti: frasi ad effetto, espressioni “forti” e colorite, sfoghi. Il premier ha usato dunque il medesimo stile, portato stavolta in orazione, della lettera inviata agli italiani, con tanto di opuscolo, nell’ultima campagna elettorale.
Apparso stranamente claudicante sulla fluenza delle parole — cosa curiosa per una persona fin troppo abituata a dimostrarsi convincente davanti alle telecamere –, non ha esitato a descrivere quello attuale come un “clima di guerra fredda” composto dal consueto “odio”, contrapposto all’ “amore” da lui sempre diffuso. Con l’invito alla coesione, per esempio. O con lo svincolarsi dalla “vecchia politica”: proprio nel momento in cui compie 74 anni. Ovviamente, in quanto parte in causa, ha poi decantato solo lodi per il suo Esecutivo, orfano del Ministro dello Sviluppo Economico da 149 giorni. Un assolo. Tantissime le “buone intenzioni”, così definite da Casini nella replica dei vari capigruppo. Ma quanto davvero attuabili?
Lo si deduce dal programma per il futuro, su cui la maggioranza ha dovuto forzatamente esprimersi in maniera favorevole. Una maggioranza spezzettata da lotte intestine (leggasi Fini e Lombardo) ma unita dal sottile filo del “mandato” che parte del popolo italiano ha affidato nelle mani dell’originario PdL. E pure di una Lega Nord capace di creare polemiche ogni giorno: che si tratti di scuole marchiate con il Sole delle Alpi o di spassose affermazioni del tenore di “Sono Porci Questi Romani“. L’obbligo, comunque, rimane l’ “andare avanti”. La crisi sarebbe una sconfitta per chiunque.
Per poter proseguire, era logico aspettarsi rassicurazioni e garanzie: il federalismo (punto 1) «non creerà una divaricazione tra il nord e il sud dell’Italia». A seguire un pluralis maiestatis sullo spauracchio tasse (2): «Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani». Priorità è bloccare il presunto «uso politico della Giustizia» (3) con conseguente scala gerarchica ben definita: «il Parlamento fa le leggi, la magistratura le applica». Poi era importante rimarcare che l’Italia possiede, grazie all’impegno dei Ministri, «la normativa antimafia più efficace al mondo» (4). Infine altre promesse (5): completamento della Salerno – Reggio Calabria entro il 2013 e Ponte sullo Stretto. Tutte opere non realizzate “per colpa delle sinistre”.
Un ascoltatore attento potrà immediatamente rendersi conto di aver sentito termini tutt’altro che inediti. Addirittura nello stesso ordine e nelle stesse salse. Spalmati su giornali, televisioni e radio. Dai microfoni dei salotti esclusivi della Rai a quelli di Palazzo Chigi. Che difficilmente potranno essere ribattuti in linea diretta. Specie perché lo spettatore medio non si scervellerà per capire cosa sia la tanto pubblicizzata “separazione delle carriere” o quanti anni servano per edificare viadotti e gallerie. È una questione di logica: viene data una delega a dei rappresentanti per risolvere i problemi. In tal senso, però, i sospetti di “parlamentomercato” creano ancora più confusione nell’elettorato.
Prova a diffondere un messaggio più chiaro Antonio Di Pietro, nemesi storica del Cavaliere. A sorpresa: molti erano in attesa del contraddittorio di Bocchino. Obiettivamente, all’intervento volutamente popolare del Capo del Governo, l’esponente dell’IdV ha risposto con un lessico ancora più sanguigno e rude. Il Primo Ministro viene attaccato direttamente a gamba tesa. “Stupratore della Democrazia”, “A Lei non interessa nulla del bene comune”, “Lei vuole sfuggire solo ai reati che ha commesso”. Accuse gravissime e non censurate. Il Presidente della Camera diventa un arbitro impotente (oltre che già criticato), costretto contemporaneamente a limitare i vocaboli schietti dell’ex magistrato, l’ira del leader del Popolo della Libertà e delle grida dei deputati fedeli a quest’ultimo.
I sostenitori del politico molisano hanno subito invaso la sua pagina ufficiale su Facebook, complimentandosi per l’azione. Tuttavia non sono mancati alcuni commenti che contraccambiano l’ “amore”. Il “Pdl Firenze” incalza: “Avremo la fiducia e il tuo intervento da idiota alla camera te lo dovrai mettere diritto diritto nel cxlo!!! cafone ignorante“. Decisamente un gergo raffinato. P.P., invece, così incita testualmente: “denunciamo individualmente Di Pietro in quanto ci ha villipeso ed offeso tutti noi cittadini della maggioranza, andiamo in pretura e denunciamolo”. Peccato che le preture siano scomparse da ben 10 anni.
Per chi si è perso lo show, non c’è problema. È prevista la replica al Senato.