Rai Tre, la giusta causa di Paolo Ruffini - Diritto di critica
Il licenziamento discriminatorio è ritenuto nullo dall’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori. E secondo il tribunale del lavoro di Roma quello comminato all’ex direttore di Rai Tre, Paolo Ruffini, lo è stato. La Rai, ancora una volta, è stata condannata alla reintegrazione di un suo dipendente eccellente, dopo il caso di scuola che riportò nell’azienda pubblica Michele Santoro con una sentenza del 2005.
L’anomalia di ospitare “programmi contro” (il Governo ndR) denunciata dal direttore generale Mauro Masi è stato, per i giudici giuslavoristi, un segno inequivocabile del carattere di discriminazione che ha caratterizzato lo spostamento di Ruffini a Rai Premium e Rai Educational: una nuova destinazione equiparata a un recesso a danno del lavoratore.
Il volere di Silvio Berlusconi di punire la terza rete, chiaro nelle intercettazioni diffuse nel corso delle indagini a Trani, fu ben interpretato da Masi, il quale il 23 settembre 2009 in commissione di vigilanza espresse preoccupazione per i programmi «apoditticamente contro il Governo» (Ballarò, In mezz’ora, Tg3, Parla con me e Che tempo che fa, nel caso di specie) e nel dicembre dello scorso anno consumò lo strappo, passando Antonio Di Bella alla direzione della rete 3 e Bianca Berlinguer a quella del telegiornale. La “giustizia” operata col taglio di teste non è però durata tanto, visto che la mossa è stata interpretata come «indizio grave, preciso e concordante» delle «reiterate dichiarazioni e prese di posizione di esponenti governativi, mai smentite», come recita il dispositivo dell’ordinanza d’urgenza che riporta Ruffini in pista.
Felicitazioni vengono espresse, oltre che dall’interessato, anche dall’opposizione e dall’FNSI. Più cauti i vertici Rai, ora impegnati a cercare una mansione equivalente a quella di direttore. Tipica della tutela reale, operante nelle aziende con più di quindici dipendenti, è infatti la reintegrazione nella stessa posizione lavorativa del prestatore d’opera il cui recesso del datore è stato ritenuto nullo (come nel caso di quello discriminatorio) o in un posto ad esso parificato, con l’autorizzazione del licenziato. La reintegra, secondo lo Statuto, è immediatamente esecutiva: va immediatamente rispettata, quindi, pur in presenza del previsto ricorso da parte della Rai. Ogni giorno di ritardo determinerebbe un aumento del risarcimento di cui godrà Ruffini, per legge. Un ulteriore macigno che fa il paio con l’eventuale (ad oggi ancora bloccata) liquidazione milionaria da corrispondere a Santoro e alle perdite pubblicitarie legate all’eventuale cancellazione di Annozero.
La parola “fine”, però, è ancora lontana dall’essere scritta. E’ difficile, infatti, trovare una mansione equivalente a quella lasciata. Come nel caso di Enrico Mentana in Mediaset, il vincitore del ricorso potrebbe rinunciare alla reintegrazione (grazie alla novella dello Statuto dei Lavoratori ad opera della l. 108/1990), in favore di un‘indennità pari a quindici mensilità, senza contare il risarcimento danni comunque dovutogli, pari alle retribuzioni non corrisposte dal giorno dell’allontanamento fino a quello dell’effettivo ritorno in azienda. Tutto questo, ovviamente, se la sentenza confermerà l’ordinanza espressa in questa settimana.
Le casse della Rai continuano a tremare. Il settore legale dell’azienda editoriale di Stato meriterebbe un ripasso di diritto del lavoro.