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Diritto di critica | November 6, 2024

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"Loro 2", in scena il Berlusconi più solo e incorreggibile

È uscita nelle sale la seconda parte del lavoro di Sorrentino. Due ore più concrete e meno autoreferenziali, con duetti eccellenti a reggere la trama

Più scorrevole e potente del numero uno, “Loro 2” si articola di nuovo in scene intense, quadri teatrali e fotografia di impatto, ma senza perdere di vista il racconto degli anni più convulsi di Silvio Berlusconi, e anzi il contorno risulta in armonia e funzionale alla storia. Una storia che vuole decifrare, e puntare sui sentimenti e gli stati d’animo.

Gli anni difficili? Il divorzio, il ritorno in politica, le manovre, la patetica adulazione tanto di ragazzine quanto di personaggi attempati. Il tempo ora pare meno dilatato, e Sorrentino alterna sapientemente la girandola degli avvenimenti con la calma della riflessione, delle pause nel buio, degli attimi in cui la solitudine e la presa di coscienza affiorano tra il lusso, per poi venire subito scacciate e rimosse. Il Berlusconi sorrentiniano, come un eterno Peter Pan circondato da giochi, lotta e ricerca quasi angosciosamente gli antichi fasti, a colpi di slogan come “Io vendo un sogno” e “Conosco il copione della vita”, e si lamenta inconsolabilmente di non essere capito.

Paure e sentimenti Era questa l’intenzione del regista, il mostrare un Berlusconi (ma non solo lui, è evidente) forse incorreggibile, indomito, ma alle prese con i fantasmi dell’età che avanza: «Non volevo fare un film ideologico o schierato – ha dichiarato Sorrentino all’anteprima con la stampa – Volevo emergessero i sentimenti dietro l’uomo politico e certi personaggi intorno a lui. Dietro ai sentimenti ci sono le paure, ce ne sono molte nel film, Berlusconi stesso ha paura di invecchiare. Come ogni volta in cui sono i sentimenti ad essere messi in gioco, con grande vitalismo, la delusione è inevitabile». Il film, andando avanti, diventa una grande riflessione anche sul potere, sulle scelte, e su cosa ne rimane.

I duetti Feste scatenate, coreografie deliranti di ragazze affamate di successo si contrappongono alle geometrie rigorose, ai vasti spazi vuoti di Villa Certosa; ma prima ancora dei simboli, sono i duetti e i confronti tra i personaggi ad alzare il livello, a svelare l’anima del film. Il dialogo tra Silvio e il banchiere Ennio Doris (arrivato in Sardegna per spronare l’amico), per esempio, entrambi interpretati da Toni Servillo: una meraviglia rivelatrice, pochi minuti che valgono l’intera pellicola. La resa dei conti tra Berlusconi e la moglie Veronica: un reciproco e intenso guardarsi allo specchio (soprattutto da parte di lei), la fine di un amore in mano a due bravissimi attori. Ma anche la disillusione del talent scout Morra e della compagna, gli sfoghi di alcuni personaggi, gli occhi persi nel vuoto.

Né vincitori né vinti  L’eterno dualismo tra l’uomo pubblico e quello privato che non riesce più di tanto a contenersi, quindi, ha dietro di sé un velo di tristezza, o tenerezza, seguendo la parola che Sorrentino ha più usato parlando del dittico di “Loro”. E tale velo è in questa seconda parte ben chiarito e accettabile. Al di là dell’immensa bravura di Servillo, ormai attore feticcio del regista napoletano, il film riacquista quindi nel suo complesso un certo valore, da scoprire ognuno con il proprio occhio interpretativo.