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Diritto di critica | November 8, 2024

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Ritorno al futuro

Adesso Renzi potrebbe decidere di capitalizzare la sconfitta e ripartire proprio da quel 40% che gli ha fatto perdere il referendum

Uno schiaffo. Un “vaffa”. Una sconfitta. Dai minuti successivi alla chiusura dei seggi, l’esito del referendum costituzionale dai più è stato letto come una clamorosa sconfessione del governo. Di certo, Matteo Renzi non ha vinto. Ma se si dovesse andare alle elezioni, quel 40% fatto registrare dal SI potrebbe essere addirittura una base di partenza più che buona su cui ragionare, in un’ottica di campagna elettorale.

Se infatti questo è stato un referendum su Matteo Renzi, l’attuale premier ha raggiunto il 40% dei voti da solo contro tutti. E questa è una variabile di cui quanti chiedono elezioni anticipate dovrebbero tener conto. Su un possibile voto, poi, potrebbe pesare anche l’assenza di un leader capace di guidare le opposizioni: a pochi minuti dal primo Exit poll, già tuonavano i vari SalviniDi BattistaBrunettaD’Alema. Tutto già visto, tutto già sentito. A fronte di un premier che – con una coerenza inusuale nel panorama politico nostrano – si è dimesso a spoglio ancora in corso, mentre i primi risultati già lo davano per sconfitto: “Ho perso e a saltare è la mia poltrona“. In un’Italia dove i politici raramente abbandonano la cadrega, la decisione di Renzi ha preso in contropiede i più. A questo si aggiunga una comunicazione efficace al momento delle dimissioni: la commozione, il messaggio di coerenza inviato, l’elenco delle leggi portate a termine, l’abbraccio alla moglie al momento dell’uscita.

Ma a dare la tara della possibile strategia, c’è il messaggio twittato da Luca Lotti: “Tutto è iniziato col 40% nel 2012. Abbiamo vinto col 40% nel 2014. Ripartiamo dal 40% di ieri”. Forte di questa percentuale, infatti, Renzi potrebbe adesso sfruttare la confusione che regna oltre l’asticella del Pd in Parlamento: alla prossima tornata elettorale, infatti, i Cinque stelle vorranno probabilmente andare per conto proprio – sull’onda del “venga con noi chi condivide la nostra proposta” – mentre Forza Italia e Lega Nord non avranno la forza necessaria ad acquisire una leadership e una credibilità rispetto all’onda d’urto pentastellata.

Su tutto grava comunque l’incognita della legge elettorale per il Senato e il parere della Corte Costituzionale, che dovrebbe pronunciarsi entro gennaio. «C’è il consultellum al Senato e l’Italicum alla Camera – ha spiegato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano – e se il presidente della Repubblica lo riterrà, si andrà a votare così. E se la Corte Costituzionale interverrà in tempo, ci sarà un consultellum al Senato e un consultellum alla Camera». I Cinque stelle, invece, propendono per un Italcum modificato su base regionale, da applicarsi anche al Senato. Circostanza che li favorirebbe, almeno stando ai sondaggi. Come dire: quella stessa legge che prima veniva rispedita al mittente proprio dai pentastellati, adesso piace tanto ai seguaci del comico milanese, a capo del M5S. A fare gola è proprio il premio di maggioranza.

Al netto delle ipotesi, però, la Consulta potrebbe decidere per una terza via, ancora tutta da definire.

@emilioftorsello