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Diritto di critica | November 27, 2024

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Crimini contro l'umanità, Amnesty International denuncia Israele - Diritto di critica

Secondo l’associazione, le violenze sono avvenute la scorsa estate nella Striscia di Gaza. Intanto continua la diatriba sugli alloggi ebraici in territorio palestinese

Una violenza gratuita in una guerra infinita, che ha provocato la morte di 135 palestinesi, di cui 75 minorenni. È la carneficina che la scorsa estate Israele avrebbe compiuto, nella più totale indifferenza nei confronti della vita umana, a Rafah, nella Striscia di Gaza. A denunciarlo in un rapporto ufficiale è Amnesty International, che parla di crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati negli scontri dell’agosto 2014, quando gli estremisti palestinesi di Hamas uccisero in un agguato un ufficiale israeliano, scatenando la rappresaglia del suo esercito. In soli tre giorni una serie di attacchi aerei e terrestri sulla città provocò decine di morti tra i civili palestinesi.

Tutte bugie? Dopo l’annuncio di Amnesty è arrivata secca la risposta da parte del ministro degli Esteri di Israele, che parla di «falsificazione della realtà» e metodi dubbi di analisi, invitando l’associazione di monitoraggio dei diritti civili a finirla con l’«ossessione» nei confronti del Paese ebraico. Eppure i dati raccolti dall’organizzazione sono piuttosto sofisticati, grazie alla collaborazione dei ricercatori della Forensic Architecture (Università di Londra), anche se ottenuti indirettamente (Israele non consente l’ingresso nell’area della Striscia): tra questi testimonianze, osservazione di video e particolari fotografie che svelano per esempio l’angolazione delle ombre e le dimensioni delle nuvole di fumo durante i bombardamenti. Amnesty International sospetta che con il pretesto dell’agguato all’ufficiale Israele si sia voluta accanire sulla città di Rafah con «attacchi sproporzionati e indiscriminati».

Amnesty-InternationalIl rapporto fa riferimento al periodo tra il primo e il 4 agosto, durante la sospensione della debole tregua tra ebrei e palestinesi, quando «nei cieli di Rafah si scatenò un inferno di fuoco, mentre aerei F-16, droni, elicotteri e l’artiglieria colpivano massicciamente zone residenziali. Israele ignorò deliberatamente il codice di guerra». A perderci ancora una volta i civili, le persone più deboli, i parenti delle vittime che chiedono giustizia: «Le vittime e le loro famiglie hanno diritto a degli indennizzi. Quanti sono sospettati di aver ordinato o commesso crimini di guerra devono essere perseguiti». Israele, accusa l’Ong, non ha indagato sulla vicenda e non ha punito nessuno all’interno del suo esercito, astenendosi dal chiarire chi abbia ordinato cosa e il perché di tanta violenza, al di là di una guerra interminabile che continua a mietere vittime e a covare sotto la povere odio e intolleranza.

La “guerra” interna delle case Continuano nel frattempo i botta e risposta tra il governo di Netanyahu e la Corte suprema di Gerusalemme, che ha stabilito la demolizione di alcuni condomini costruiti abusivamente nella colonia ebraica di Beit El, in Cisgiordania, su terreni privati di proprietà palestinese. Dopo la decisione della giustizia, il premier israeliano ha subito annunciato la realizzazione di altri trecento alloggi in zona (già promessi un paio di anni fa), più altri quattrocento in diversi rioni ebraici attorno a Gerusalemme. Ma gli abitanti, che dicono di aver difeso la colonia da Hamas rischiando anche la vita, sono furiosi. E hanno tentato inutilmente di fermare i bulldozer.