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Diritto di critica | November 22, 2024

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Grecia, c'è poco da festeggiare

Cosa c’è da festeggiare in Grecia? In piazza Sintagma ad Atene ieri sera bandiere greche sventolavano allegre, come quando 11 anni fa la squadra nazionale vinse inaspettatamente il campionato europeo di calcio. Ma un referendum non è una partita e i votanti non sono tifosi. Soprattutto di fronte a decisioni così importanti che in pochi sanno valutare fino in fondo, soprattutto con solo cinque giorni di campagna elettorale. Sarà per questo che la nostra cara vecchia Costituzione – tanto difesa e amata proprio da quei politici italiani che  ieri erano in piazza in Grecia a festeggiare – vieta referendum sui trattati internazionali e sulle leggi di bilancio.

Un voto di protesta. Chi ha votato ieri, lo ha fatto senza una vera consapevolezza delle implicazioni, sia chi ha votato Sì per paura, sia per chi ha votato No per illudersi di tirare un pugno sul viso di Angela Merkel e all’Europa dei burocrati. E non c’è nulla da festeggiare, perché in ogni modo sarà un bagno di sangue.

Ora Tsipras è in difficoltà. Cosa succederà oggi? Intanto il voto ha prodotto già i primi “effetti collaterali” con le dimissioni del ministro delle Finanze ellenico Varoufakis. Dimissioni che lasciano pensare sul fatto che forse il governo di Atene ieri sperava in fondo in un risultato diverso. Così, Tsipras – conscio della gravità della situazione e per ammorbidire i toni con l’Fmi e la Ue – ha chiesto la testa del “falco” che ieri aveva definito i creditori “terroristi”.

Ma senza riforme… Ora il premier ellenico cercherà in ogni modo di chiudere presto un accordo perché i soldi nelle casse sono terminati e non può essere un voto – che tra le altre cose è costato 40 milioni di euro –  a cancellare debiti e a riempire i forzieri. Ma senza altri drastici tagli alla spesa pubblica non sarà possibile pagare il debito. Meglio per tutti un taglio del debito del 30%. A patto che, però, il governo di Atene metta in pratica le molte riforme necessarie, compreso l’innalzamento delle pensioni che è previsto solo dal 2016 e in misura non sufficiente, e una lotta senza quartiere all’evasione fiscale soprattutto contro i ricchi armatori. Se non si cambia registro tra 10 anni saremo ancora qui. A guardare la Grecia affondare.