L'ecatombe nel Mediterraneo: dal 1988 oltre 21mila morti
In una tranquilla domenica primaverile, mentre in Europa si trascorrono le ultime ore prima dell’inizio di una nuova settimana, a largo di Lampedusa, in quel Mediterraneo divenuto ormai una fossa comune di migranti, un barcone si ribalta. Poi la notizia: si temono 700 morti.
Nei giorni scorsi alcuni testimoni avevano raccontato di un altro naufragio, con almeno 400 persone. Ma la notizia è passata quasi in sordina, dato che non c’erano conferme. Se fosse vero, in poche ore sarebbero morte nel Mediterraneo oltre mille persone. Mentre scriviamo, intanto, a largo di Lampedusa è in corso un’enorme operazione di soccorso e fino ad ora sono stati salvati in 28. La temperatura del mare non è troppo fredda – spiegano i soccorritori – almeno 17 gradi. Questo potrebbe permette a chi sa nuotare di salvarsi – ma quanti sanno mantenersi a galla? Chi viene dal deserto spesso non ha mai visto il mare prima del viaggio verso l’Europa. E poi ci sono la paura, il panico, i compagni che per non affogare si aggrappano alla cintola, alle braccia, al collo: tirano giù, sott’acqua.
L’ennesima strage figlia in parte anche del fallimento della cosiddetta Primavera araba, per cui Paesi come la Libia sono finiti nel caos e dove chiunque abbia un’imbarcazione può trasformarsi in un trafficante di esseri umani. Sulle coste libiche i migranti attendono settimane o mesi prima di partire, ammassati in appartamenti al termine di un viaggio infernale attraverso il deserto: chi riesce a sopravvivere ai predoni, rischia di morire nel mare antistante quella che per molti ormai è la “Fortezza Europa”. I migranti vengono mandati a morire su imbarcazioni con serbatoi semivuoti, nella certezza che qualcuno – prima o poi – li recupererà.
Secondo i calcoli fatti da Gabriele Del Grande e pubblicati sul sito “Fortress Europe”, “dal 1988 sono morte lungo le frontiere dell’Europa almeno 21.439 persone. Di cui 2.352 soltanto nel corso del 2011, almeno 590 nel 2012, 801 nel 2013 e già 2.086 nei primi nove mesi del 2014″. Un’ecatombe cui né l’Italia né l’Europa riescono a porre fine. E in mancanza di un interlocutore definito e autorevole in Libia con cui interfacciarsi per affrontare il problema dei viaggi della speranza, la soluzione sembra sempre più lontana.