Immigrazione: "La costernazione del governo non basta". Intervista a Oliviero Forti (Caritas Italiana)
‘Trecentotrenta vittime. E’ il bilancio dell’ultimo naufragio a largo del Canale di Sicilia, da dove arrivano notizie agghiaccianti di disperazione e stenti. E in un contesto disorganizzato com’è quello europeo nei confronti dell’immigrazione, stragi come questa potrebbero ripetersi di giorno in giorno e rappresentano il tallone d’Achille della politica.
Diritto di Critica ha incontrato Oliviero Forti, direttore del settore Immigrazione della Caritas Italiana, per capire come si stia affrontando a livello di sistema Paese l’arrivo dei migranti, cosa stia facendo in concreto il governo di Matteo Renzi per risolvere l’emergenza e quale sia il vero ruolo di un’Europa che appare sempre più immobile e debole, circondata da migliaia di profughi in fuga da Libia, Siria e Ucraina.
Oliviero Forti, quanto avvenuto in questi giorni e nello scorso ottobre, con centinaia di vittime in mare a largo di Lampedusa è un dramma che potrebbe ripetersi anche domani.
Al di là dei numeri che sono drammatici, quanto è successo ieri sorprende relativamente. Più che sorpresa c’è rabbia perché si sta verificando quello che avevamo detto quando venne chiuso Mare Nostrum: si riavvolge il nastro a due, tre anni fa. Non c’è purtroppo nulla di nuovo rispetto al passato: semplicemente oggi si vive nella speranza che queste stragi non si ripetano domani o dopodomani ma nella consapevolezza che probabilmente riaccadranno tra qualche settimana o qualche mese.
Eppure, in molti hanno sottolineato come con Mare Nostrum i trafficanti di uomini fossero incentivati a far partire i migranti.
Sia i detrattori che i favorevoli a Mare Nostrum hanno le loro ragioni. E’ evidente che un’operazione di quel tipo ha avuto un effetto-richiamo su chi organizzava i viaggi: i trafficanti conoscono le dinamiche e le politiche che i singoli Paesi mettono in moto. Ma l’operazione Mare Nostrum era un’operazione di ricerca e soccorso in mare: si andava a cercare i gommoni e i battelli e si portavano in salvo le persone.
Che differenza c’è rispetto a Triton, il programma europeo scattato una volta conclusa l’esperienza di Mare Nostrum?
Triton non è un’operazione umanitaria e ha “lo stile” tipico di Frontex di controllo delle frontiere esterne: ci si limita a controllare, a pattugliare e in caso di bisogno – ma questo perché lo prevedono le leggi internazionali e del mare – viene segnalata la presenza di un natante e si attiva la macchina di ricerca e soccorso. Un procedimento molto più farraginoso perché i mezzi devono partire da Malta o da Lampedusa e non sono certamente le grandi navi della Marina che possono ospitare in tempi brevi centinaia di persone. Questo significa fare i conti con un arco temporale nel quale può succedere di tutto, dato che possono trascorrere anche ore prima dell’arrivo dei soccorsi: i migranti possono morire assiderati o annegati. Da questo risulta in modo evidente come Mare Nostrum non avesse nulla a che fare con Triton, operazione – quest’ultima – che è stata una sorta di make-up a un passato in cui si agiva in via ordinaria. Mare Nostrum era invece un’operazione che noi vorremmo venisse ripristinata perché ha salvato migliaia di vite e ha dato la possibilità ai migranti di arrivare in Europa.
Un’Europa che non è un’esagerazione definire “circondata” da profughi in fuga da conflitti.
Il punto infatti è questo: di fronte a quello che sta accadendo attorno all’Europa – in Siria, in Ucraina, in Libia – e a un potenziale di centinaia di migliaia – se non di milioni – di persone che hanno bisogno di essere protette, qual è la strategia dell’UE? La notizia agghiacciante che si fa fatica a veicolare è che l’Europa è inerme e non ha alcun tipo di strategia. Ogni singolo Paese quindi mette in campo le forze che ha per difendere quel benessere che si fa fatica a condividere con altri perché comunque numeri così alti costituiscono una minaccia, il tutto in un contesto di grave crisi economica.
Il governo Renzi sembra concentrato su ben altri temi che non l’immigrazione.
Questa è la realtà. E’ la realtà di un governo che in passato – incredibilmente – in altri periodi ha mostrato più attenzione e maggiore empatia rispetto a un fenomeno che oggi è caratterizzato da un silenzio generalizzato. Al di là della prevedibile costernazione, vorremmo qualcosa di più: una posizione chiara e un lavoro definito a livello europeo. L’Italia deve diventare il traino sulle tematiche relative all’immigrazione perché è coinvolta più di altri Paesi. E invece su questo non sento parole chiare e di prospettiva da parte dell’Esecutivo. Qual è la visione di governo a livello europeo per evitare che accadano queste stragi e consentire di gestire i flussi in maniera corretta? Su questo punto non abbiamo avuto alcun cenno, né adesso né in passato.
In un tweet ieri sera Matteo Renzi ha scritto: “Con MareNostrum 499 morti e 1700 presunti dispersi (stima dei profughi, come 300 oggi). Il problema è la Libia, non l’Italia #skytg24“
Detto questo, non ha detto niente. E’ il governo italiano che ha deciso di interrompere Mare Nostrum perché era – con tutti i limiti del caso – un’operazione soprattutto italiana che poteva tranquillamente essere portata avanti, nella misura in cui non aveva costi straordinari: si parla di 9mln di euro al mese. Se avessero fatto un lavoro forte di advocacy a livello europeo per convincere gli altri Paesi sulla necessità di implementare un piano di redistribuzione delle persone che arrivano sulle nostre coste, avremmo avuto tutt’altra percezione dell’azione di governo. Il discorso invece è stato: o si condividono le spese o chiudiamo Mare Nostrum. Il problema però è molto più ampio e delicato, bisogna avere il coraggio e la lucidità di affrontarlo. Ma l’immigrazione è un terreno scivoloso per la politica ed è evidente che l’arrivo di migliaia di migranti sulle coste fa paura. Ad essere pericolosa – più in generale – è la cultura dell’indifferenza nei confronti di queste tragedie.
A livello di sistema, siamo pronti a ricevere flussi così importanti di persone in fuga?
Il grande vulnus di Mare Nostrum è stato di dare il via a un’operazione simile senza approntare un sistema di accoglienza altrettanto capace: non si può pensare di mettere in mare navi della Maria Militare con previsioni di soccorso di 170mila persone, a fronte di un sistema di accoglienza istituzionale che all’inizio del 2014 non superava i diecimila posti. A quel punto si è dovuti correre ai ripari e oggi disponiamo di 60mila posti ma all’interno di un non-sistema: ci sono i grandi centri, l’accoglienza di emergenza, i centri temporanei. Un tetto si garantisce a tutti ma i livelli dell’accoglienza non sono gli stessi per tutti.
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