Italiani, “bamboccioni” non solo per necessità
Secondo i dati Eurostat, i giovani italiani sono tra i più “mammoni” in Europa. La causa principale è la disoccupazione, ma c'è chi rimane con i genitori per scelta
Bamboccioni per necessità. Ma anche per scelta. Due giovani italiani su tre vivono ancora con mamma e papà. Gli italiani, si sa, sono sempre stati dei “mammoni”. È questa l’idea che gli europei hanno dei giovani italici. Luoghi comuni? A quanto pare dai dati Eurostat, no. Colpa della crisi, certamente. Il precariato e la disoccupazione stanno alimentando questa situazione. Ma c’è anche un aspetto culturale che troppo spesso viene dimenticato. La famiglia in Italia è ancora un’istituzione che, nonostante la crescita dei divorzi, non ha perso la sua centralità. E ha svolto un ruolo fondamentale durante questa crisi, rappresentando un sistema di welfare importante nel sostituirsi ad uno Stato incapace di sostenere i più giovani.
Dopo l’università, un giovane su due con mammà. Secondo i dati Eurostat, due terzi dei ragazzi italiani tra i 18 e i 34 anni, vivono ancora con i genitori. In Francia e Gran Bretagna sono esattamente la metà. Appena più alto il livello in Germania dove i “mammoni” sono circa il 40%. Nulla a che vedere con la Danimarca, dove tra i 18 e i 34 anni solo il 15% dei giovani vive nella famiglia di origine. Preoccupanti sono anche i dati relativi alla fascia più alta, cioè tra i ragazzi non più giovanissimi che si presume abbiano terminato gli studi universitari e si siano proiettati nel mondo del lavoro. Tra i 25 e i 34 anni, un ragazzo su due vive ancora con i genitori. Peggio degli italiani solo i greci (duramente colpiti da una crisi senza precedenti), i bulgari e gli slovacchi.
Bamboccioni per scelta o per necessità? Per comprendere quanti siano i “bamboccioni” per scelta e quelli per necessità, è sufficiente analizzare la percentuale di questi che hanno dichiarato, durante il sondaggio, di avere un lavoro a tempo pieno. Nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni solo il 27,2% ha un impiego full-time, percentuale che sale tra coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, pari al 43%.
L’impossibile confronto con i danesi. In Danimarca le ragazze tra i 25 e i 34 anni che vivono a casa dei genitori sono appena lo 0,4%. Certo, tra la Danimarca e l’Italia c’è un abisso, non solo culturale. C’è un welfare diverso, ci sono prospettive lavorative, c’è un futuro da costruire. In Italia tutto sembra molto più difficile.
Bamboccioni per necessità. Ma anche per scelta. Due giovani italiani su tre vivono ancora con mamma e papà. Gli italiani, si sa, sono sempre stati dei “mammoni”. È questa l’idea che gli europei hanno dei giovani italici. Luoghi comuni? A quanto pare dai dati Eurostat, no. Colpa della crisi, certamente. Il precariato e la disoccupazione stanno alimentando questa situazione. Ma c’è anche un aspetto culturale che troppo spesso viene dimenticato. La famiglia in Italia è ancora un’istituzione che, nonostante la crescita dei divorzi, non ha perso la sua centralità. E ha svolto un ruolo fondamentale durante questa crisi, rappresentando un sistema di welfare importante nel sostituirsi ad uno Stato incapace di sostenere i più giovani.
Dopo l’università, un giovane su due con mammà. Secondo i dati Eurostat, due terzi dei ragazzi italiani tra i 18 e i 34 anni, vivono ancora con i genitori. In Francia e Gran Bretagna sono esattamente la metà. Appena più alto il livello in Germania dove i “mammoni” sono circa il 40%. Nulla a che vedere con la Danimarca, dove tra i 18 e i 34 anni solo il 15% dei giovani vive nella famiglia di origine. Preoccupanti sono anche i dati relativi alla fascia più alta, cioè tra i ragazzi non più giovanissimi che si presume abbiano terminato gli studi universitari e si siano proiettati nel mondo del lavoro. Tra i 25 e i 34 anni, un ragazzo su due vive ancora con i genitori. Peggio degli italiani solo i greci (duramente colpiti da una crisi senza precedenti), i bulgari e gli slovacchi.
Bamboccioni per scelta o per necessità? Per comprendere quanti siano i “bamboccioni” per scelta e quelli per necessità, è sufficiente analizzare la percentuale di questi che hanno dichiarato, durante il sondaggio, di avere un lavoro a tempo pieno. Nella fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni solo il 27,2% ha un impiego full-time, percentuale che sale tra coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 34 anni, pari al 43%.
L’impossibile confronto con i danesi. In Danimarca le ragazze tra i 25 e i 34 anni che vivono a casa dei genitori sono appena lo 0,4%. Certo, tra la Danimarca e l’Italia c’è un abisso, non solo culturale. C’è un welfare diverso, ci sono prospettive lavorative, c’è un futuro da costruire. In Italia tutto sembra molto più difficile.