Ecco i figli della recessione
Il nuovo rapporto Unicef tra i paesi più ricchi del pianeta mette in evidenza la situazione critica per l'infanzia in quei paesi dove l'austerità è stata più marcata
Un giorno li chiameranno “figli della recessione”. I loro padri e le loro madri erano i baby boomer, nati in anni felici per l’Occidente, anni di crescita economica e grandi cambiamenti. Oggi, invece, di fronte alla crisi, aumentano i bambini poveri nei paesi più ricchi, un ossimoro che si spiega proprio nel fatto che la situazione economica ha prodotto un consistente passo indietro.
Crescono i bambini poveri in Grecia, Italia e Spagna. Nei 41 Paesi che compongono l’Unione Europea e l’Ocse, oggi sono 76 milioni i minori che vivono in povertà. A rivelarlo è il nuovo rapporto Unicef. Dal 2008 (primo anno di crisi economica) ad oggi il numero dei minori poveri è aumentato di 2,6 milioni. A risentirne di più ovviamente i paesi colpiti da provvedimenti “lacrime e sangue” per far fronte a possibili default. In primis la Grecia, poi la Spagna e l’Italia e altri paesi minori. Dal 2008, la povertà infantile è aumentata in 23 Paesi dei 41 analizzati. In Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda i bambini poveri sono aumentati addirittura di oltre il 50%. Nel 2012 in Grecia il reddito medio dei nuclei familiari con bambini è ritornato ai livelli del 1998, mentre l’Irlanda, il Lussemburgo e la Spagna hanno perso un decennio, l’Islanda nove anni, e l’Italia, l’Ungheria e il Portogallo hanno perso 8 anni
“Buttati via otto anni”. “Nel nostro Paese un bambino su tre vive in povertà, con oltre 600mila poveri in più rispetto al 2008”, ha dichiarato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera. “Inoltre dal 2008 al 2012 l’Italia registra una riduzione del reddito dei nuclei familiari perdendo otto anni di potenziali progressi economici.
Crescono i neet italiani. Dal rapporto, inoltre, emerge che in Italia, la percentuale di ragazzi tra 15-24 anni che non studia, non lavora e non segue corsi di formazione, i cosiddetti neet, è aumentata di quasi sei punti dal 2008,raggiungendo il 22,2%, il tasso più alto tra i paesi dell’Unione Europea, pari ad oltre un milione di giovani.
Un giorno li chiameranno “figli della recessione”. I loro padri e le loro madri erano i baby boomer, nati in anni felici per l’Occidente, anni di crescita economica e grandi cambiamenti. Oggi, invece, di fronte alla crisi, aumentano i bambini poveri nei paesi più ricchi, un ossimoro che si spiega proprio nel fatto che la situazione economica ha prodotto un consistente passo indietro.
Crescono i bambini poveri in Grecia, Italia e Spagna. Nei 41 Paesi che compongono l’Unione Europea e l’Ocse, oggi sono 76 milioni i minori che vivono in povertà. A rivelarlo è il nuovo rapporto Unicef. Dal 2008 (primo anno di crisi economica) ad oggi il numero dei minori poveri è aumentato di 2,6 milioni. A risentirne di più ovviamente i paesi colpiti da provvedimenti “lacrime e sangue” per far fronte a possibili default. In primis la Grecia, poi la Spagna e l’Italia e altri paesi minori. Dal 2008, la povertà infantile è aumentata in 23 Paesi dei 41 analizzati. In Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda i bambini poveri sono aumentati addirittura di oltre il 50%. Nel 2012 in Grecia il reddito medio dei nuclei familiari con bambini è ritornato ai livelli del 1998, mentre l’Irlanda, il Lussemburgo e la Spagna hanno perso un decennio, l’Islanda nove anni, e l’Italia, l’Ungheria e il Portogallo hanno perso 8 anni
“Buttati via otto anni”. “Nel nostro Paese un bambino su tre vive in povertà, con oltre 600mila poveri in più rispetto al 2008”, ha dichiarato il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera. “Inoltre dal 2008 al 2012 l’Italia registra una riduzione del reddito dei nuclei familiari perdendo otto anni di potenziali progressi economici.
Crescono i neet italiani. Dal rapporto, inoltre, emerge che in Italia, la percentuale di ragazzi tra 15-24 anni che non studia, non lavora e non segue corsi di formazione, i cosiddetti neet, è aumentata di quasi sei punti dal 2008,raggiungendo il 22,2%, il tasso più alto tra i paesi dell’Unione Europea, pari ad oltre un milione di giovani.