Terra dei Fuochi e Taranto, quando l'inquinamento uccide
Dati allarmanti secondo l'Istituto Superiore di Sanità: picco di tumori in Campania e vicino all'Ilva di Taranto +20% di mortalità infantile
Morire di industria e di rifiuti. Già si conosceva la tragicità della situazione nella Terra dei Fuochi e a Taranto, ma se ci fosse ancora bisogno di una conferma, questa arriva direttamente dall’Istituto Superiore di Sanità: in quelle aree ci si ammala e si muore molto di più che nel resto della Campania e della Puglia.
La ricerca epidemiologica, pubblicata sul sito dell’Istituto, ha evidenziato per la provincia di Napoli un eccesso di mortalità del 10 per cento per gli uomini e del 13 per cento per le donne, rispetto al resto della regione. In provincia Caserta le percentuali sono del 4 e del 6 per cento. Un dato preoccupante, a cui si aggiunge l’alto tasso di ricoveri per tumori al fegato, pancreas, stomaco, mammella. «Sicuramente ci sono altre situazioni simili in Italia e nel mondo – ha detto a “La Stampa” Maria Triassi, docente di Salute Pubblica all’Università Federico II di Napoli – il problema dei rifiuti è stato ignorato per decenni, la nostra società ne produce, ma non si è mai preoccupata di come smaltirli». E proprio questi eccessi di mortalità hanno, tra i prinicpali fattori di rischio, l’esposizione a rifiuti pericolosi o solidi urbani e la combustione incontrollata, come emerge dal documento.
Nei dintorni di Taranto, oltre all’incidenza di malattie gravi già dimostrata negli ultimi anni (in particolare quelle legate all’apparato respiratorio), lo spauracchio dell’Ilva e delle sue ciminiere ha causato un’impennata delle patologie sulla popolazione infantile, in molti casi in pericolo già durante la gravidanza. I dati diffusi dall’Iss mettono i brividi: la mortalità nei bambini è del 20 per cento in più rispetto alla media regionale, con un’incidenza di tumori superiore del 54 per cento (da zero a quattordici anni) e un eccesso di mortalità del 45 per cento nei casi di malattie di origine perinatale (ovvero iniziate già nel grembo materno). I materiali di lavorazione dell’industria, rilasciati nell’aria, sono deleteri soprattutto per i polmoni dei più piccoli; non stupisce quindi l’alto tasso di ospedalizzazione per malattie respiratorie acute.
Lo studio dell’Iss è stato effettuato tra febbraio e maggio di quest’anno, e la rilevazione dei dati ha interessato 55 comuni tra le province di Napoli e Caserta, nonché l’area di Taranto e i centri vicini. La ricerca non nasconde finalmente la correlazione tra i casi di malattia e la qualità ambientale: “È verosimile presupporre – si legge – un contributo eziologico delle contaminazioni ambientali che caratterizzano l’aera in esame, come causa e concausa, per alcune patologie come tumore al polmone, mesotelioma della pleura, malattie dell’apparato respiratorio nel loro complesso”. In Puglia “il quadro di eccessi in entrambi i generi riguarda anche molte altre patologie, rafforzando l’ipotesi sopraddetta in un’aera come quella di Taranto dove è predominante la presenza maschile nelle attività lavorative legate al settore industriale”.
Ironia della sorte, alcuni dati ufficiali dell’Arpa affermano che l’inquinamento all’interno dell’Ilva, dovuto alle polveri degli idrocarburi, è drasticamente sceso nelle ultime settimane. Purtroppo, però, i danni alla salute vengono da lontano, perfino da decenni fa, e le conseguenze sui tarantini e le loro famiglie non si possono fermare né ignorare. Anche per questo, il mese scorso le dichiarazioni del sub commissario dell’Ilva, Edo Ronchi (che parlava dell’aria di Taranto come «una delle più pulite d’Italia») aveva fatto indignare gli ambientalisti e le associazioni di cittadini che lottano da anni contro l’inquinamento.
Morire di industria e di rifiuti. Già si conosceva la tragicità della situazione nella Terra dei Fuochi e a Taranto, ma se ci fosse ancora bisogno di una conferma, questa arriva direttamente dall’Istituto Superiore di Sanità: in quelle aree ci si ammala e si muore molto di più che nel resto della Campania e della Puglia.
La ricerca epidemiologica, pubblicata sul sito dell’Istituto, ha evidenziato per la provincia di Napoli un eccesso di mortalità del 10 per cento per gli uomini e del 13 per cento per le donne, rispetto al resto della regione. In provincia Caserta le percentuali sono del 4 e del 6 per cento. Un dato preoccupante, a cui si aggiunge l’alto tasso di ricoveri per tumori al fegato, pancreas, stomaco, mammella. «Sicuramente ci sono altre situazioni simili in Italia e nel mondo – ha detto a “La Stampa” Maria Triassi, docente di Salute Pubblica all’Università Federico II di Napoli – il problema dei rifiuti è stato ignorato per decenni, la nostra società ne produce, ma non si è mai preoccupata di come smaltirli». E proprio questi eccessi di mortalità hanno, tra i prinicpali fattori di rischio, l’esposizione a rifiuti pericolosi o solidi urbani e la combustione incontrollata, come emerge dal documento.
Nei dintorni di Taranto, oltre all’incidenza di malattie gravi già dimostrata negli ultimi anni (in particolare quelle legate all’apparato respiratorio), lo spauracchio dell’Ilva e delle sue ciminiere ha causato un’impennata delle patologie sulla popolazione infantile, in molti casi in pericolo già durante la gravidanza. I dati diffusi dall’Iss mettono i brividi: la mortalità nei bambini è del 20 per cento in più rispetto alla media regionale, con un’incidenza di tumori superiore del 54 per cento (da zero a quattordici anni) e un eccesso di mortalità del 45 per cento nei casi di malattie di origine perinatale (ovvero iniziate già nel grembo materno). I materiali di lavorazione dell’industria, rilasciati nell’aria, sono deleteri soprattutto per i polmoni dei più piccoli; non stupisce quindi l’alto tasso di ospedalizzazione per malattie respiratorie acute.
Lo studio dell’Iss è stato effettuato tra febbraio e maggio di quest’anno, e la rilevazione dei dati ha interessato 55 comuni tra le province di Napoli e Caserta, nonché l’area di Taranto e i centri vicini. La ricerca non nasconde finalmente la correlazione tra i casi di malattia e la qualità ambientale: “È verosimile presupporre – si legge – un contributo eziologico delle contaminazioni ambientali che caratterizzano l’aera in esame, come causa e concausa, per alcune patologie come tumore al polmone, mesotelioma della pleura, malattie dell’apparato respiratorio nel loro complesso”. In Puglia “il quadro di eccessi in entrambi i generi riguarda anche molte altre patologie, rafforzando l’ipotesi sopraddetta in un’aera come quella di Taranto dove è predominante la presenza maschile nelle attività lavorative legate al settore industriale”.
Ironia della sorte, alcuni dati ufficiali dell’Arpa affermano che l’inquinamento all’interno dell’Ilva, dovuto alle polveri degli idrocarburi, è drasticamente sceso nelle ultime settimane. Purtroppo, però, i danni alla salute vengono da lontano, perfino da decenni fa, e le conseguenze sui tarantini e le loro famiglie non si possono fermare né ignorare. Anche per questo, il mese scorso le dichiarazioni del sub commissario dell’Ilva, Edo Ronchi (che parlava dell’aria di Taranto come «una delle più pulite d’Italia») aveva fatto indignare gli ambientalisti e le associazioni di cittadini che lottano da anni contro l’inquinamento.