La storia di Giada, dall'Italia alla Tunisia per costruirsi un lavoro - Diritto di critica
Dopo la laurea, la giovane pubblicista ha scelto di trasferirsi a Tunisi per proporsi come freelance: «impossibile lavorare come giornalista in Italia»
Difficile lavorare come giornalista in Italia. Più facile, forse, se ci si sposta in Tunisia, provando a diventare una freelance e a farsi le ossa sul campo. È quanto sta tentando di fare Giada, giornalista pubblicista bergamasca di 27 anni, che con la laurea ed anni di esperienza in tasca ha deciso di andare oltremare insieme al marito, per cercare una nuova strada verso il lavoro dei suoi sogni.
Una migrazione “al contrario”. Mentre i giornali raccontano di un Nord Africa che guarda all’Italia come terra di salvezza, è strano sentire un’italiana decidere di emigrare “al contrario”, rivolgendosi ad un Paese vicino geograficamente ma molto diverso dal punto di vista culturale. «Il mondo arabo mi ha sempre affascinata e l’ho approfondito soprattutto dopo le scuole superiori, dopo un viaggio in Marocco con un’amica – racconta Giada direttamente da Tunisi -. Quando ho iniziato a collaborare con L’Eco di Bergamo, ho seguito con particolare interesse le tematiche relative alla comunità musulmana a Bergamo e Milano, all’integrazione culturale, al dialogo interreligioso e alla questione femminile». Le amicizie, i dibattiti e gli approfondimenti – ma anche l’amore, dato che Giada ha sposato lo scorso agosto Malek, un ragazzo tunisino conosciuto all’università di Bergamo e con cui conviveva da qualche anno – hanno fatto il resto. «Lavorare come giornalista in Italia oggi è un’utopia – spiega – : nonostante gli anni di esperienza come inviata sul territorio per l’Eco di Bergamo, le innumerevoli altre collaborazioni, la specializzazione su tematiche delicate e il continuo aggiornamento, le possibilità di uscire dallo status di “collaboratrice saltuaria” e di riuscire a mantenersi con questo lavoro erano pressoché nulle». Da qui è iniziato un periodo di difficile riflessione: «mio marito aveva dovuto lasciare gli studi all’università perché non riusciva a conciliarli con il lavoro. Una volta perso il lavoro, le alternative erano cercarne un altro oppure specializzarsi, cosa che avrebbe potuto fare solo a Tunisi perché i corsi sono economicamente più abbordabili. Dato che l’Italia al momento non offre particolari prospettive, almeno nel mio campo, ho deciso di raggiungerlo e provare a costruirmi una nuova strada. Quindi eccomi qui. Ma non è stato facile, tutt’altro».
Un’esperienza di lavoro e di vita. Giada ha dovuto aspettare qualche mese per raggiungere Malek: prima doveva finire gli esami all’università, scrivere la tesi e laurearsi, ma anche iniziare a creare una rete di contatti a cui proporsi dalla Tunisia. Giunta a Tunisi ad aprile, adesso sta frequentando un corso intensivo di arabo alla Bourguiba School e iniziando a conoscere il territorio: ha preso contatti con associazioni e comunità locali e iniziato a seguire alcune manifestazioni e incontri relative alla recente rivoluzione. «Dopo il corso di arabo, vorrei fare uno stage in un giornale francese per migliorare il mio francese scritto e provare a propormi anche a giornali esteri come freelance, oltre che a quelli italiani – racconta Giada -. Inoltre penso di cercare lavoro come insegnante di italiano e sto curando una pagina su Facebook dal nome “Un’italiana a Tunisi”per raccontare la mia esperienza». Comunque, spiega, la vita a Tunisi a parte la lingua non è particolarmente diversa da quella che conduceva a Bergamo: «essendo la capitale, si trova sempre qualcosa da fare e Tunisi è piuttosto occidentalizzata».
Tra nostalgia di casa e nuove prospettive. Vivere all’estero, in un differente contesto sociale e culturale, non è facile. E se Giada da un lato ha scelto di emigrare proprio per la prospettiva di vivere un mondo ed una cultura che l’hanno sempre affascinata, dall’altro c’è anche la nostalgia di casa: «Da quando sono qui – spiega – capisco meglio alcune dinamiche delle coppie in cui uno dei due è emigrato. Capisco ad esempio la necessità che si ha a volte di parlare la propria lingua, la nostalgia improvvisa per il proprio paese, la voglia di stare con i connazionali per riuscire a comunicare tutte le sfumature e le ricchezze di un discorso». Alla domanda se pensa di tornare presto in Italia, risponde con un sorriso: «Se non riuscirò a fare la corrispondente, questa sarà comunque un’esperienza arricchente sotto altri aspetti. Tra qualche anno decideremo se tornare in Italia o spostarci altrove».
Difficile lavorare come giornalista in Italia. Più facile, forse, se ci si sposta in Tunisia, provando a diventare una freelance e a farsi le ossa sul campo. È quanto sta tentando di fare Giada, giornalista pubblicista bergamasca di 27 anni, che con la laurea ed anni di esperienza in tasca ha deciso di andare oltremare insieme al marito, per cercare una nuova strada verso il lavoro dei suoi sogni.
Una migrazione “al contrario”. Mentre i giornali raccontano di un Nord Africa che guarda all’Italia come terra di salvezza, è strano sentire un’italiana decidere di emigrare “al contrario”, rivolgendosi ad un Paese vicino geograficamente ma molto diverso dal punto di vista culturale. «Il mondo arabo mi ha sempre affascinata e l’ho approfondito soprattutto dopo le scuole superiori, dopo un viaggio in Marocco con un’amica – racconta Giada direttamente da Tunisi -. Quando ho iniziato a collaborare con L’Eco di Bergamo, ho seguito con particolare interesse le tematiche relative alla comunità musulmana a Bergamo e Milano, all’integrazione culturale, al dialogo interreligioso e alla questione femminile». Le amicizie, i dibattiti e gli approfondimenti – ma anche l’amore, dato che Giada ha sposato lo scorso agosto Malek, un ragazzo tunisino conosciuto all’università di Bergamo e con cui conviveva da qualche anno – hanno fatto il resto. «Lavorare come giornalista in Italia oggi è un’utopia – spiega – : nonostante gli anni di esperienza come inviata sul territorio per l’Eco di Bergamo, le innumerevoli altre collaborazioni, la specializzazione su tematiche delicate e il continuo aggiornamento, le possibilità di uscire dallo status di “collaboratrice saltuaria” e di riuscire a mantenersi con questo lavoro erano pressoché nulle». Da qui è iniziato un periodo di difficile riflessione: «mio marito aveva dovuto lasciare gli studi all’università perché non riusciva a conciliarli con il lavoro. Una volta perso il lavoro, le alternative erano cercarne un altro oppure specializzarsi, cosa che avrebbe potuto fare solo a Tunisi perché i corsi sono economicamente più abbordabili. Dato che l’Italia al momento non offre particolari prospettive, almeno nel mio campo, ho deciso di raggiungerlo e provare a costruirmi una nuova strada. Quindi eccomi qui. Ma non è stato facile, tutt’altro».
Un’esperienza di lavoro e di vita. Giada ha dovuto aspettare qualche mese per raggiungere Malek: prima doveva finire gli esami all’università, scrivere la tesi e laurearsi, ma anche iniziare a creare una rete di contatti a cui proporsi dalla Tunisia. Giunta a Tunisi ad aprile, adesso sta frequentando un corso intensivo di arabo alla Bourguiba School e iniziando a conoscere il territorio: ha preso contatti con associazioni e comunità locali e iniziato a seguire alcune manifestazioni e incontri relative alla recente rivoluzione. «Dopo il corso di arabo, vorrei fare uno stage in un giornale francese per migliorare il mio francese scritto e provare a propormi anche a giornali esteri come freelance, oltre che a quelli italiani – racconta Giada -. Inoltre penso di cercare lavoro come insegnante di italiano e sto curando una pagina su Facebook dal nome “Un’italiana a Tunisi”per raccontare la mia esperienza». Comunque, spiega, la vita a Tunisi a parte la lingua non è particolarmente diversa da quella che conduceva a Bergamo: «essendo la capitale, si trova sempre qualcosa da fare e Tunisi è piuttosto occidentalizzata».
Tra nostalgia di casa e nuove prospettive. Vivere all’estero, in un differente contesto sociale e culturale, non è facile. E se Giada da un lato ha scelto di emigrare proprio per la prospettiva di vivere un mondo ed una cultura che l’hanno sempre affascinata, dall’altro c’è anche la nostalgia di casa: «Da quando sono qui – spiega – capisco meglio alcune dinamiche delle coppie in cui uno dei due è emigrato. Capisco ad esempio la necessità che si ha a volte di parlare la propria lingua, la nostalgia improvvisa per il proprio paese, la voglia di stare con i connazionali per riuscire a comunicare tutte le sfumature e le ricchezze di un discorso». Alla domanda se pensa di tornare presto in Italia, risponde con un sorriso: «Se non riuscirò a fare la corrispondente, questa sarà comunque un’esperienza arricchente sotto altri aspetti. Tra qualche anno decideremo se tornare in Italia o spostarci altrove».