L'inaspettato trionfo di Renzi, il "grillino buono"
Il premier conquista un incredibile 40%. M5S perde tre milioni di voti e Berlusconi precipita
Dal “#vinciamonoi” al “#vinciamoPoi”. Dal successo annunciato al grande flop. Così, nonostante i toni trionfalistici della vigilia, il MoVimento 5 Stelle esce da questo voto con le ossa rotte. Conquista il 21,2% delle preferenze, perdendo 3 milioni di voti. E questa volta nessuno potrà dire: “Ma noi abbiamo vinto lo stesso, perché in Europa non avevamo parlamentari”. Non lo potrà dire perché la campagna elettorale di Grillo è stata tutta improntata sulla “necessità” di spazzare via gli altri partiti: “O noi, o loro”. E a quanto pare hanno scelto loro, il Pd.
Renzi, lo schiacciasassi. La sconfitta del MoVimento la si può comprendere solo di fronte alla vittoria incredibile del Pd di Matteo Renzi: 40,8%. Un record mai ottenuto prima dai democratici e un risultato ottenuto nella storia della Repubblica italiana solo dalla Dc nel 1948 e nel 1958. Ma quelle erano elezioni politiche. Bisogna ancora aspettare l’analisi dei flussi che arriverà solo nei prossimi giorni ma è chiaro che Renzi peschi ovunque. Nonostante un’alta astensione (abbastanza normale alle elezioni europee), il Pd aumenta il suo bacino elettorale di 2 milioni e mezzo di voti, mentre M5S ne perde circa tre. Il tracollo di Forza Italia al 16,8% ha fatto il resto.
Se contro Renzi non funziona la parola “casta”. Grillo ha sfidato Renzi in uno scontro a due. E il segretario del Pd ha colto il guanto della sfida, nonostante la battaglia avrebbe potuto avere esiti decisamente imprevedibili. Eppure, il premier ha avuto ragione, schiacciando tutti. La vittoria del Pd, ancor prima della sconfitta del MoVimento, dipende proprio dallo scontro sul piano comunicativo dei due leader. Grillo e i suoi hanno tenuto alto il livello dello scontro sin dall’incontro con Bersani, poco più di un anno fa. Nessuna alleanza, barricate, urla, insulti e gaffe clamorose. Dall’altra, il Pd ha proposto, anche a costo di sacrificare un “lento” Errico Letta, un Matteo Renzi decisamente “rock”. Decisionista, simpatico, “nuovo”. E contro di lui non poteva funzionare la parola “casta”. In fondo lui non solo è giovane (39 anni), ma è anche un volto fresco e soprattutto ha dimostrato di saper mantenere le promesse. I famosi 80 euro hanno portato, elettoralmente parlando, i risultati sperati. “Elemosina di Stato” e “Voto di scambio”. Così è stato definito dal MoVimento il bonus per chi ha un reddito inferiore ai 26mila euro, non capendo che si tratta di una boccata di ossigeno per molte famiglie, ottenuta grazie alla riduzione (per la prima volta nella storia d’Italia) della tassazione sul lavoro.
Grillo fa paura. Renzi ha, dall’altra parte, tirato su di sé non solo il voto dei delusi da Grillo, ma soprattutto il voto di chi ha paura del comico genovese. Il populismo tranchant, in cui le parole chiave sono “guerra”, “mafiosi”, “zombie”, e nel quale si mischiano posizioni simil-leghiste con il nome di Berlinguer, ha avuto solo l’effetto di spaventare molte persone. Non è bastata una comparsata da Vespa per far capire che “in fondo io sono buono”. Grillo, anche in quell’occasione, è stato Grillo, cioè una persona arrabbiata e nervosa. Proprio il contrario di ciò che molti cercano: una persona forte, seria e allo stesso tempo decisionista.
Un terremoto dagli esiti inaspettati. Renzi ha scalvato Grillo perché ha incarnato su di sé la figura dello statista e contemporaneamente del grillino. Anche da premier non ha risparmiato bordate alla Rai e ai sindacati. Tuttavia, una vittoria così schiacciante impone nuove responsabilità. Ndc tiene ma non riesce a sostituirsi a Forza Italia. Sparisce l’alleato di governo di Scelta Civica, passato dal 10% di un anno fa, allo 0,7%. Cambieranno, di conseguenza, i rapporti di forza del governo e gli alleati di Renzi dovranno cercare di differenziarsi per non sparire. Paradossalmente, una vittoria di misura sarebbe stata più “comoda” per tutti. Ora Renzi dovrà dimostrare di saper cavalcare il successo, senza perdersi per strada gli alleati che sono ancora fondamentali di fronte all’impossibilità di andare al voto subito con l’attuale legge elettorale.
L’ennesimo flop dei sondaggi. In questi ultimi anni il cambiamento in corso nell’elettorato italiano, che vede sparire quasi completamente ogni traccia di voto ideologico, sta provocando non pochi grattacapi ai sondaggisti che non sembrano più in grado di riuscire a percepire il “sentiment” degli italiani. Se la volta scorsa la variabile “Grillo” ha rappresentato un’anomalia del sistema, questa volta è stato Renzi a scompaginare le carte. Tutta “colpa” di quell’inafferrabile elettorato che questa volta ha premiato chi ha saputo cogliere un sentimento comune, talmente volatile da non riuscire più ad individuarlo con lo strumento dei sondaggi.
Piazze piene, urne vuote. L’impressionante piazza San Giovanni riempita dai militanti grillini alla manifestazione di chiusura della campagna elettorale e piazza del Popolo con Renzi vuota per metà il giorno prima, aveva illuso molti. La piazza e l’urna, in fondo, raramente sono andate d’accordo. Berlusconi, anche nei suoi giorni migliori, non ha mai riempito le piazze di Grillo o del Pd ai tempi di Veltroni. Eppure è rimasto sulla cresta dell’onda per 20 anni. Tutto il resto è solo propaganda.
Dal “#vinciamonoi” al “#vinciamoPoi”. Dal successo annunciato al grande flop. Così, nonostante i toni trionfalistici della vigilia, il MoVimento 5 Stelle esce da questo voto con le ossa rotte. Conquista il 21,2% delle preferenze, perdendo 3 milioni di voti. E questa volta nessuno potrà dire: “Ma noi abbiamo vinto lo stesso, perché in Europa non avevamo parlamentari”. Non lo potrà dire perché la campagna elettorale di Grillo è stata tutta improntata sulla “necessità” di spazzare via gli altri partiti: “O noi, o loro”. E a quanto pare hanno scelto loro, il Pd.
Renzi, lo schiacciasassi. La sconfitta del MoVimento la si può comprendere solo di fronte alla vittoria incredibile del Pd di Matteo Renzi: 40,8%. Un record mai ottenuto prima dai democratici e un risultato ottenuto nella storia della Repubblica italiana solo dalla Dc nel 1948 e nel 1958. Ma quelle erano elezioni politiche. Bisogna ancora aspettare l’analisi dei flussi che arriverà solo nei prossimi giorni ma è chiaro che Renzi peschi ovunque. Nonostante un’alta astensione (abbastanza normale alle elezioni europee), il Pd aumenta il suo bacino elettorale di 2 milioni e mezzo di voti, mentre M5S ne perde circa tre. Il tracollo di Forza Italia al 16,8% ha fatto il resto.
Se contro Renzi non funziona la parola “casta”. Grillo ha sfidato Renzi in uno scontro a due. E il segretario del Pd ha colto il guanto della sfida, nonostante la battaglia avrebbe potuto avere esiti decisamente imprevedibili. Eppure, il premier ha avuto ragione, schiacciando tutti. La vittoria del Pd, ancor prima della sconfitta del MoVimento, dipende proprio dallo scontro sul piano comunicativo dei due leader. Grillo e i suoi hanno tenuto alto il livello dello scontro sin dall’incontro con Bersani, poco più di un anno fa. Nessuna alleanza, barricate, urla, insulti e gaffe clamorose. Dall’altra, il Pd ha proposto, anche a costo di sacrificare un “lento” Errico Letta, un Matteo Renzi decisamente “rock”. Decisionista, simpatico, “nuovo”. E contro di lui non poteva funzionare la parola “casta”. In fondo lui non solo è giovane (39 anni), ma è anche un volto fresco e soprattutto ha dimostrato di saper mantenere le promesse. I famosi 80 euro hanno portato, elettoralmente parlando, i risultati sperati. “Elemosina di Stato” e “Voto di scambio”. Così è stato definito dal MoVimento il bonus per chi ha un reddito inferiore ai 26mila euro, non capendo che si tratta di una boccata di ossigeno per molte famiglie, ottenuta grazie alla riduzione (per la prima volta nella storia d’Italia) della tassazione sul lavoro.
Grillo fa paura. Renzi ha, dall’altra parte, tirato su di sé non solo il voto dei delusi da Grillo, ma soprattutto il voto di chi ha paura del comico genovese. Il populismo tranchant, in cui le parole chiave sono “guerra”, “mafiosi”, “zombie”, e nel quale si mischiano posizioni simil-leghiste con il nome di Berlinguer, ha avuto solo l’effetto di spaventare molte persone. Non è bastata una comparsata da Vespa per far capire che “in fondo io sono buono”. Grillo, anche in quell’occasione, è stato Grillo, cioè una persona arrabbiata e nervosa. Proprio il contrario di ciò che molti cercano: una persona forte, seria e allo stesso tempo decisionista.
Un terremoto dagli esiti inaspettati. Renzi ha scalvato Grillo perché ha incarnato su di sé la figura dello statista e contemporaneamente del grillino. Anche da premier non ha risparmiato bordate alla Rai e ai sindacati. Tuttavia, una vittoria così schiacciante impone nuove responsabilità. Ndc tiene ma non riesce a sostituirsi a Forza Italia. Sparisce l’alleato di governo di Scelta Civica, passato dal 10% di un anno fa, allo 0,7%. Cambieranno, di conseguenza, i rapporti di forza del governo e gli alleati di Renzi dovranno cercare di differenziarsi per non sparire. Paradossalmente, una vittoria di misura sarebbe stata più “comoda” per tutti. Ora Renzi dovrà dimostrare di saper cavalcare il successo, senza perdersi per strada gli alleati che sono ancora fondamentali di fronte all’impossibilità di andare al voto subito con l’attuale legge elettorale.
L’ennesimo flop dei sondaggi. In questi ultimi anni il cambiamento in corso nell’elettorato italiano, che vede sparire quasi completamente ogni traccia di voto ideologico, sta provocando non pochi grattacapi ai sondaggisti che non sembrano più in grado di riuscire a percepire il “sentiment” degli italiani. Se la volta scorsa la variabile “Grillo” ha rappresentato un’anomalia del sistema, questa volta è stato Renzi a scompaginare le carte. Tutta “colpa” di quell’inafferrabile elettorato che questa volta ha premiato chi ha saputo cogliere un sentimento comune, talmente volatile da non riuscire più ad individuarlo con lo strumento dei sondaggi.
Piazze piene, urne vuote. L’impressionante piazza San Giovanni riempita dai militanti grillini alla manifestazione di chiusura della campagna elettorale e piazza del Popolo con Renzi vuota per metà il giorno prima, aveva illuso molti. La piazza e l’urna, in fondo, raramente sono andate d’accordo. Berlusconi, anche nei suoi giorni migliori, non ha mai riempito le piazze di Grillo o del Pd ai tempi di Veltroni. Eppure è rimasto sulla cresta dell’onda per 20 anni. Tutto il resto è solo propaganda.