Caos a Le Monde e NYTimes, ma a Washington c'è un'isola felice - Diritto di critica
A Parigi lascia la paladina del rinnovamento digitale, stessa sorte per la direttrice del colosso americano. Buone notizie dal Washington Post: previste nuove assunzioni
«Non era più possibile lavorare con la dovuta pace e serenità», e per questo le dimissioni sono irrevocabili. Natalie Nougayrède, direttore di “Le Monde” da poco più di un anno, cede così al braccio di ferro con la sua redazione, che la accusava da mesi di imporre scelte troppo autoritarie e di voler stravolgere troppo, in nome della tecnologia e del passaggio all’era digitale, lo stile del quotidiano francese. Dopo che ben sette caporedattori avevano nei giorni passati già rinunciato al loro ruolo per protesta, la Nougayrède ha deciso di farsi da parte, comunicandolo anche sul sito del giornale: «La volontà di alcuni membri della redazione di ridurre drasticamente le prerogative del direttore è per me incompatibile con il raggiungimento della mia missione», accusa.
Non è ancora chiaro chi prenderà adesso il suo posto al timone del “Monde”, per il quale erano previsti dopo l’estate drastici cambiamenti e un’accelerazione verso un’edizione digitale sempre più interattiva e ricca di contenuti. Forse proprio questa svolta repentina è costata cara alla Nougayrède. Secondo alcuni ex giornalisti e studiosi l’editoria francese sta subendo ora, infatti, lo stravolgimento che toccò qualche anno fa ai quotidiani americani: «I giornalisti devono capire che l’informazione ha la necessità di trasformarsi non solo per la crisi economica – ha detto Patrick Eveno, professore di Storia dei media alla Sorbona di Parigi – ma in seguito ad una crisi sociale, più radicata. In Francia c’è confusione tra il ruolo della redazione e quello del quotidiano stesso, che è ormai una comunità più larga. I giornalisti francesi sono un po’ impauriti dal passaggio all’era del digitale».
Anche al “New York Times” è tempo di dimissioni, e sempre di una direttrice, Jill Abramson, la prima in 160 anni a condurre, dal 2011, il prestigioso giornale. Non ci sono motivazioni ufficiali, ma divergenze di opinioni e bufere dentro la redazione sembrano essere i motivi del cambiamento; anche in questo caso pare poi che sia stato il piglio decisionista e autoritario della Abramson a non essere gradito ai dipendenti. Ora il nuovo direttore è Dean Baquet, il primo giornalista di colore a capo del quotidiano. Sono stati anni difficili per l’editoria americana, con evidenti cali di pubblicità e lettori, anni che il New York Times targato Abramson ha cercato di utilizzare per portare il giornale all’avanguardia tecnologica, proprio come avrebbe voluto fare la Nougayrède a “Le Monde”.
Tra crisi e precariato, stupisce infine la notizia che arriva dal Washington Post: cinquanta nuove assunzioni entro il 2014 e apertura di nuovi uffici a New York, tra l’entusiasmo dei dipendenti. Un caso più unico che raro di questi tempi, che però nasconde dietro un nome e cognome: Jeff Bezos, il miliardario capo di Amazon che ha acquistato il giornale qualche mese fa. Lo scopo del pluripremiato direttore Marty Barton, neanche a dirlo, è quello di potenziare sempre di più il reparto digitale, oggi «l’unica strada per crescere». È la tecnologia, bellezza. Altrimenti perché assumere anche un inviato con base nella Silicon Valley, per testimoniare i progressi destinati a cambiare il mondo?
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«Non era più possibile lavorare con la dovuta pace e serenità», e per questo le dimissioni sono irrevocabili. Natalie Nougayrède, direttore di “Le Monde” da poco più di un anno, cede così al braccio di ferro con la sua redazione, che la accusava da mesi di imporre scelte troppo autoritarie e di voler stravolgere troppo, in nome della tecnologia e del passaggio all’era digitale, lo stile del quotidiano francese. Dopo che ben sette caporedattori avevano nei giorni passati già rinunciato al loro ruolo per protesta, la Nougayrède ha deciso di farsi da parte, comunicandolo anche sul sito del giornale: «La volontà di alcuni membri della redazione di ridurre drasticamente le prerogative del direttore è per me incompatibile con il raggiungimento della mia missione», accusa.
Non è ancora chiaro chi prenderà adesso il suo posto al timone del “Monde”, per il quale erano previsti dopo l’estate drastici cambiamenti e un’accelerazione verso un’edizione digitale sempre più interattiva e ricca di contenuti. Forse proprio questa svolta repentina è costata cara alla Nougayrède. Secondo alcuni ex giornalisti e studiosi l’editoria francese sta subendo ora, infatti, lo stravolgimento che toccò qualche anno fa ai quotidiani americani: «I giornalisti devono capire che l’informazione ha la necessità di trasformarsi non solo per la crisi economica – ha detto Patrick Eveno, professore di Storia dei media alla Sorbona di Parigi – ma in seguito ad una crisi sociale, più radicata. In Francia c’è confusione tra il ruolo della redazione e quello del quotidiano stesso, che è ormai una comunità più larga. I giornalisti francesi sono un po’ impauriti dal passaggio all’era del digitale».
Anche al “New York Times” è tempo di dimissioni, e sempre di una direttrice, Jill Abramson, la prima in 160 anni a condurre, dal 2011, il prestigioso giornale. Non ci sono motivazioni ufficiali, ma divergenze di opinioni e bufere dentro la redazione sembrano essere i motivi del cambiamento; anche in questo caso pare poi che sia stato il piglio decisionista e autoritario della Abramson a non essere gradito ai dipendenti. Ora il nuovo direttore è Dean Baquet, il primo giornalista di colore a capo del quotidiano. Sono stati anni difficili per l’editoria americana, con evidenti cali di pubblicità e lettori, anni che il New York Times targato Abramson ha cercato di utilizzare per portare il giornale all’avanguardia tecnologica, proprio come avrebbe voluto fare la Nougayrède a “Le Monde”.
Tra crisi e precariato, stupisce infine la notizia che arriva dal Washington Post: cinquanta nuove assunzioni entro il 2014 e apertura di nuovi uffici a New York, tra l’entusiasmo dei dipendenti. Un caso più unico che raro di questi tempi, che però nasconde dietro un nome e cognome: Jeff Bezos, il miliardario capo di Amazon che ha acquistato il giornale qualche mese fa. Lo scopo del pluripremiato direttore Marty Barton, neanche a dirlo, è quello di potenziare sempre di più il reparto digitale, oggi «l’unica strada per crescere». È la tecnologia, bellezza. Altrimenti perché assumere anche un inviato con base nella Silicon Valley, per testimoniare i progressi destinati a cambiare il mondo?