Eni, Poste, Finmeccanica: il giorno delle nomine - Diritto di critica
di Virgilio Bartolucci | 14 Apr 2014Aggiungi questo articolo al tuo Magazine su Flipboard
Tra poche ore verrà archiviata una delle partite più importanti per la politica e l’economia nazionale: la nomina (le prime arriveranno oggi, probabilmente dopo la chiusura di Borsa) dei vertici delle più importanti aziende di Stato quotate sul mercato e di tante altre aziende pubbliche. Si tratta di centinaia di cariche e posti di rilievo che devono essere ricoperti casella per casella.
L’attenzione è concentrata sulle nomine dei vertici operativi e di rappresentanza – amministratore delegato e presidente – delle quotate controllate dal ministero dell’Economia e Finanza e dalla Cassa Depositi e Prestiti (a sua volta controllata all’80% dal Tesoro) ENI, Enel, Terna e Finmeccanica. A cui vanno aggiunte le Poste che molto presto entreranno sul mercato.
IL POTERE DEI MANAGER
Pochi giorni fa il super manager delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, ha minacciato di lasciare e di andare all’estero a fronte della paventata decurtazione dello stipendio. Una presa di posizione a cui Matteo Renzi ha risposto per le rime, “ho sentito supermanager dire: allora io per 238 mila euro me ne vado nel privato”. Il premier non glielo ha ripetuto due volte, “se ti prendono va, vorrei vederli. Noi – ha aggiunto – abbiamo detto che ci deve essere un limite nel pubblico e 238 mila euro lordi sono tanti soldi”.
Adesso, però, proprio Mauro Moretti figura fra i principali candidati al ruolo di nuovo amministratore delegato di Finmeccanica. Tradotto significa che, in quanto azienda quotata in Borsa, Finmeccanica non è soggetta alle limitazioni di stipendio per i manager volute da Renzi e quindi, in caso di nomina, la “busta paga” di Moretti sarebbe salva.
Indiscrezioni da confermare, ma che tuttavia testimoniano due cose: il potere di cui la categoria dei grandi manager dispone e come il governo abbia intenzione di non aprire troppi fronti caldi sul suo cammino. In sintesi, ricucire con i super dirigenti e con l’apparato amministrativo che conta è fondamentale soprattutto adesso.
TRATTATIVE SENZA SOSTA
Le responsabilità ed il potere che tali cariche attribuiscono ai prescelti sono enormi e ciò le rende oggetto di trattative frenetiche destinate a durare fino all’ultimo minuto disponibile. Incroci di interessi in gioco, strategie future, appoggi politici, contatti ed amicizie personali, storie private, legami istituzionali e diplomatici, contratti economici già siglati, trattative in essere e commesse in sospeso, saranno decisivi per far pendere la bilancia a favore di uno o di un altro dei papabili. Ogni nome è soggetto a tante variabili di cui solo i diretti interessati e pochi altri conoscono tutti gli snodi.
IL RITORNO DI ZIO GIANNI
Su questo tavolo si è giocato anche l’ultimo incontro tra il premier Matteo Renzi ed il redivivo Gianni Letta. È circostanza senz’altro interessante che lo “zio” Gianni, sparito dai radar da tempo, sia riapparso improvvisamente proprio dopo l’uscita del nipote Enrico Letta da palazzo Chigi. L’ex premier che non ha certo brillato per la rapidità di decisione, tanto da apparire immobile su riforme e ripresa, sulle nomine, al contrario, è stato velocissimo. Delle quasi 600 poltrone complessive, infatti, Letta ne ha assegnate circa la metà. Un’operazione condotta in punta di piedi e culminata con la nomina benedetta dal Capo dello Stato, dell’ex numero uno della Polizia, Gianni De Gennaro, a presidente di Finmeccanica. Inoltre, a corollario del ritorno di Gianni Letta va segnalata l’uscita di scena forse definitiva di un altro “mago” della diplomazia e della trattativa: Luigi Bisignani. “L’uomo che sussurrava ai potenti”, prima di essere arrestato ancora (stavolta per frode fiscale), aveva molto a cuore le nomine dei super manager, in particolare, quella del suo vecchio amico Paolo Scaroni. Ma – ennesima metafora del berlusconismo all’ultimo miglio -, per una volta, Gianni Letta non sembrerebbe (ma aspettiamo l’ufficialità, non si sa mai) essere stato decisivo.
DISCONTINUITA’ E QUOTE ROSA
In pole position restano sempre tre-quattro nomi per ogni poltrona pesante, a farli il tandem Padoan-Delrio che se ne sta occupando per conto del governo che in materia non intende delegare. Tanto che, a detta di alcuni, tra le ragioni della repentina e imprevedibile ascesa del sindaco fiorentino a palazzo Chigi ci sarebbe stata anche la questione delle nomine: scegliere i vertici delle partecipate è condizione importante per una lunga permanenza sulla scena.
Con Enrico Letta sembrava che le riconferme dei super manager – a partire da Scaroni e Conti – fossero a portata di mano, ma con Renzi è cambiato tutto. Accanto alla conservazione non potranno mancare i nuovi innesti all’insegna, tanto per cambiare, della rottamazione. Ma anche delle quote rosa, per cui è partita una ricerca disperata di donne spendibili per i ruoli di ad e presidente. Mentre i telefoni scottano e gli incontri si moltiplicano, le trattative restano assolutamente segrete. In compenso le indiscrezioni di stampa si susseguono senza soluzione di continuità e dai palazzi che contano non vengono indicazioni univoche, anzi le acque sembrano agitarsi sempre di più.
Al momento per le principali aziende di Stato la situazione sarebbe questa:
ENI – Per l’Eni è sfumata la riconferma di Paolo Scaroni (giunto al terzo mandato) indagato per le tangenti Saipem in Algeria e affossato definitivamente dalla condanna a tre anni in primo grado per reati ambientali nella vicenda di Porto Tolle. Per l’avvicendamento sarebbe in pole il direttore generale, Claudio Descalzi, a capo di una divisione che ultimamente ha fatto molto bene, a contendergli il posto due manager esperti come Lorenzo Maugeri e Stefano Cao.Scaroni non passerà nemmeno alla presidenza come avrebbe voluto. Quello che era il suo sogno potrebbe quasi certamente svanire. A succedere a Giuseppe Recchi potrebbe essere Giampiero Massolo, ex capo di gabinetto al ministero degli Esteri con Gianfranco Fini ed attuale direttore del DIS, il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza di palazzo Chigi, una sorta di braccio dell’intelligence alle dipendenze del governo.
Una scelta che stupisce fino ad un certo punto, dato che nelle aziende di Stato le informazioni riservate (e le vicende, soprattutto internazionali, di questi ultimi anni stanno lì a dimostrarlo) contano eccome. Lo ha ribadito anche Renzi in questi giorni che “l’Eni è un pezzo fondamentale dei nostri servizi segreti” e come non dargli ragione se si va a vedere la storia dell’azienda. Ma per il ruolo di massima rappresentanza ci sarebbero anche Lorenzo Bini Smaghi, Domenico Siniscalco o Claudio Costamagna. Mentre sul versante femminile si fanno i nomi di Elisabetta Belloni (Farnesina) e di Paola Severino.
ENEL – Discontinuità anche all’Enel, dove è in caduta libera il nome dell’ad Fulvio Conti (assolto nel processo Porto Tolle), ma dove la corsa si fa più complicata. La scelta interna potrebbe ricadere su Francesco Starace di Enel Greenpower, che di Conti è stato però il principale avversario interno, più staccato Luigi Ferraris. Da fuori potrebbero arrivare Andrea Brentan (di Endesa) o Andrea Mangoni (di Sorgenia, di cui potrebbe scontare però i guai economici accumulati proprio con le scelte energetiche).
Per la presidenza invece il nome scelto per sostituire Paolo Colombo potrebbe essere quello dell’ambasciatore Gianni Castellaneta. Ma anche alla presidenza dell’Enel potrebbe scattare l’ora delle donne, si fa il nome dell’ex viceministro Marta Dassú, ma anche quelli di Emma Marcegaglia ( che però potrebbe essere in conflitto di interesse), di Paola Severino e del numero uno di Olivetti, Patrizia Grieco. Nomi in ballo anche per altre aziende di Stato.
TERNA – Per quel che concerne Terna, non è ancora del tutto certo se Flavio Cattaneo lascerà il posto, anche se sembra di si. Al suo posto potrebbe arrivare Gianni Armani che è “di casa”, oppure, più probabilmente il capo della divisione italiana GdF Suez, Aldo Chiarini. Nomi che – va detto – si ritrovano tra i papabili anche in altre trattative e probabilmente saranno decisi al fotofinish dell’ultim’ora. Alla presidenza di Terna invece potrebbe approdare la numero uno dell’Olivetti, Patrizia Grieco.
FINMECCANICA – Nomine in vista anche per Finmeccanica, dove l’ad, Alessandro Pansa – figlio di Giampaolo Pansa -, potrebbe essere sostituito dall’ad di FS, Mauro Moretti, o dal capo della controllata Alenia, Giuseppe Giordo. Più defilato c’è anche il numero uno di Invitalia, Domenico Arcuri (che se dovesse essere scelto Moretti andrebbe a FS). Mentre alla presidenza dovrebbe sicuramente rimanere Gianni De Gennaro. Il nome dell’ex capo della Polizia, divenuto tristemente famoso ai tempi del tragico G8 di Genova, è stato deciso dal governo Letta e fortemente criticato. Sia per i trascorsi a dir poco nebulosi, che per le competenze, per le quali però vale il discorso fatto per l’Eni: un’azienda di Stato non è una semplice azienda e l’etichetta di “strategica” non è causale.
POSTE – Altra bagarre interessante per Poste italiane. Dove a ricevere l’eredità dell’inossidabile ingegner Sarmi, dovrebbe essere, con ogni probabilità, la vincitrice di uno scontro tutto al femminile. Due sembrano essere i nomi in lizza. Uno, proveniente dalla galassia De Benedetti, è quello dell’ad di CIR- L’Espresso, Monica Mondardini, l’altro, espressione interna dell’azienda, appartiene al numero uno di Poste Viaggi, Bianca Maria Farina. Per la Mondardini però la nomina sarebbe connessa alla mancata scelta di Mangoni all’Enel, visto che due nomi presi dal gruppo Cir-Espresso sembrerebbero francamente troppi anche per un governo targato centrosinistra. In tal caso, potrebbe spuntare, nel ruolo di outsider, l’ex ad di Cable&Wireless e di Avio, Francesco Caio.
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