Mafie in Lombardia e quei beni confiscati che generano lavoro - Diritto di critica
Sono 958 i beni immobili confiscati alla criminalità organizzata in Lombardia secondo i dati dell’Agenzia Nazionale del Beni Sequestrati e Confiscati alla mafia. Beni che, tuttavia, possono tornare a generare ricchezza, reddito e lavoro per il Paese, restituendo alla collettività quel valore perso che l’immissione delle mafie nell’economia legale aveva creato. A presentare i dati a riguardo è stata l’associazione Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie, nel corso del forum interregionale “Le mafie restituiscono il maltolto” di sabato 1 febbraio, durante il quale si è dato voce a quelle esperienze positive di recupero e riutilizzo dei beni che appartenevano alla criminalità organizzata: durante la giornata di confronto, infatti, sono stati presentati anche i risultati della ricerca sul beni immobili confiscati e sulle mafie in Lombardia, promossa da Libera, Unioncamere e Alleanza delle Cooperative Italiane.
I beni confiscati: qualche numero. Secondo i dati dell’ANBSC aggiornati al 31 dicembre 2012, al primo posto per numero di beni immobili confiscati in Lombardia si trova la provincia di Milano con 585 beni, seguita da Brescia e Varese (rispettivamente 93 e 77). In ordine decrescente ci sono poi le province di Como (43), Pavia (38), Monza Brianza (37), Lecco (35) e Bergamo (26), mentre chiudono la lista Lodi, Cremona (entrambe con 7 beni confiscati), Mantova e Sondrio, con 6 e 4 beni. Quasi il 50% dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata è costituito da abitazioni – appartamenti, ville e case indipendenti – mentre il 31% comprende cantine, box e posti auto; ci sono inoltre locali commerciali (11%), terreni rurali o edificabili (6%) e capannoni (2%).
La normativa vigente in campo di riutilizzo a fini sociali dei beni sottratti alla criminalità organizzata prevede che il bene sia gestito dall’ANBSC durante tutto l’iter giudiziario che ne porta alla confisca definitiva e che l’Agenzia ne curi poi la destinazione: dei 958 beni immobili confiscati in Lombardia, ad oggi il 34% è ancora in gestione all’Agenzia, mentre il 13% è mantenuto allo Stato e il 53% destinato per utilizzo sociale (il 68% del quale è effettivamente utilizzato).
Riutilizzo dei beni confiscati ed economia sociale. A gestire i beni sono Comuni, associazioni, cooperative sociali e fondazioni, attivi per la maggior parte nel campo dell’assistenza sociale (71%), della coesione sociale e della cultura e offrono servizi e alloggi per indigenti, assistenza per minori, mamme ed ex detenuti e attività culturali e ricreative. «Quando un bene viene utilizzato bene, oltre a fornire un servizio crea anche economia sociale – spiega Chiara Micalizzi, coordinatrice del progetto di ricerca –: una struttura può creare mediamente lavoro per cinque persone e circa il 40% degli occupati, lo è con un contratto a tempo indeterminato. Se uniamo questi dati a quelli del volontariato e dell’utenza servita, cioè mediamente più di 17mila persone annuali, possiamo dire che il riutilizzo dei beni confiscati crea un “cerchio del valore” che restituisce direttamente al territorio le risorse sottratte con procedure illecite».
BLa ricerca ha inoltre cercato di tracciare una mappatura della criminalità colpita dalle confische e dei reati che le hanno giustificate, così da avere una prima evidenza – seppur ancora in fase di analisi – del panorama mafioso in Lombardia. Sono 211 i prevenuti a cui sono stati sottratti i beni: Pasquale Molluso ha subito il maggior numero di confische, per l’esattezza 65 tra le province di Pavia, Milano e Lodi. E poi nomi legati ai principali clan che si sono spartiti la Lombardia dagli anni Settanta ad oggi: Serraino-Di Giovine, Coco Trovato, Morabito-Palamara-Bruzzaniti, Barbaro-Papalia, Valle, Guzzardi-Di Marco. Una mappa dello spaccio, dell’usura e dei reati fiscali nel quale la ‘ndrangheta la fa da padrona per numero di beni confiscati.