Caos Ucraina, Kiev sotto assedio. Si dimette il premier, gli insorti chiedono subito nuove elezioni - Diritto di critica
L’opposizione rifiuta il compromesso con il governo e l’Ucraina resta sull’orlo della guerra civile. Il premier in carica Mykola Azarov ha lasciato il suo incarico poco fa. Occupate le principali sedi governative (l’ultima in ordine di tempo è il Ministero di Giustizia), la rivolta comincia ad estendersi in tutto il Paese. Il Presidente Yanukovych, ormai con le spalle al muro, aveva offerto pochi giorni fa le cariche di premier e vicepremier ai leader dell’opposizione Arseny Yatsenyuk (del partito di Yulia Timoshenko) e Vitali Klitschko, ottenendo in cambio un sonoro rifiuto. Nella notte tra il 25 e il 26 gennaio assalita anche la “Casa Ucraina”, l’ex museo di Lenin in pieno centro dove erano asserragliati più di duecento agenti delle forze speciali. Dopo mesi di manifestazioni pacifiche, la protesta si è ora radicalizzata con il coinvolgimento delle frange più estremiste di destra, come “Right Sector” e “Una-Unso”, oltre ai membri più radicali del partito “Spilna Sprava” (“Causa comune”). Il rischio è quello di non riuscire più a controllare la situazione.
Guerriglia Da giorni Kiev, la capitale di uno degli Stati più grandi d’Europa, è scenario di scontri violenti tra i poliziotti e la folla esasperata, che chiede nuove elezioni presidenziali (e parlamentari) e contesta le recenti leggi che puniscono ogni tipo di protesta, consentendo al governo di arrestare i manifestanti per “terrorismo”. A temperature glaciali (fino a -20 gradi) i manifestanti resistono in piazza tra esplosioni, sassaiole, gas lacrimogeni, bombe molotov. Nell’aria fumo e odore di pneumatici bruciati. Una guerriglia urbana e armata fino ai denti, che ha già causato decine di arresti da parte della polizia e alcune vittime. Come il giovane Mikhail Zhiznevsky, ai cui funerali hanno assistito migliaia di persone, inneggiandolo ad eroe della patria. «La violenza è l’unico linguaggio che capisce questo governo – ha spiegato il disoccupato Vladimir nella testimonianza raccolta dall’inviato del “Sunday Times” di Londra – Non ci ritireremo. Ora ci difendiamo con mazze da baseball e molotov, ma se dovremo prendere le armi e cominciare a sparare io lo farò. Siamo in guerra».
Le due facce dell’Ucraina Il popolo sceso in piazza chiede dallo scorso novembre le dimissioni di Yanukovych, accusato tra le altre cose di non aver firmato l’accordo di integrazione con l’Unione Europea, a favore di un avvicinamento all’orbita russa. Ma l’Ucraina è uno Stato profondamente diviso. È soprattutto l’ovest del Paese, a maggioranza di lingua ucraina e filo-occidentale, a volere fortemente l’ingresso nell’Europa. Mentre nell’est russofono, roccaforte elettorale del Presidente, si sta addirittura pensando ad una secessione, con la creazione di uno Stato federativo, la Malorossiya (“Piccola Russia”). La proposta arriva da alcune organizzazioni di Sebastopoli, in Crimea.
Le prospettive future Cosa accadrà adesso? L’opposizione ha dichiarato di voler continuare i negoziati con il governo, ma la situazione appare in stallo. Nella seduta straordinaria del Parlamento, poche ore fa, si è deciso di abolire la legge anti-proteste, ma Yanukovych sembra non voler lasciare la poltrona fino all’ultimo, mentre le rivolta di piazza non si arresta, anzi. Focolai di protesta stanno scoppiando in molte sedi regionali, da Odessa a Dnipropetrovsk, fino a Leopoli. Il Ministero degli Esteri ha smentito di aver dichiarato lo stato di emergenza e di aver allertato le sedi delle ambasciate straniere a Kiev. Il presidente dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), Didier Burkhalter, si è offerto di fare da mediatore nella crisi ucraina.