L'allarme della Cisl: in 200mila rischiano il posto, due milioni i disoccupati nel 2013 - Diritto di critica
Altri 200 mila posti di lavoro a rischio in questo inizio 2014. L’allarme sociale lanciato dalla Cisl scuote le deboli speranze di ripresa economica ventilate dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini (che parlava di «inversione del trend del mercato del lavoro»). I dati forniti dall’Inps parlano infatti di 208.283 persone attualmente in cassa integrazione straordinaria o in deroga, e che hanno quindi un’alta probabilità di rimanere senza lavoro nei prossimi mesi. Un numero da ritenere arrotondato per difetto, se si considerano coloro che sono in cassa integrazione ma non a zero ore, o con un contratto part-time.
Non solo, le stime attuali calcolano più di un milione e novecento richieste di sussidi di mobilità o assegno di disoccupazione nel 2013, come dire che quasi due milioni di italiani non hanno un impiego. Un aumento, nei primi undici mesi dell’anno appena trascorso, del 32,5 per cento rispetto a quello precedente, il 2012. Il sindacato parla di «perdita di posti continua ed ininterrotta, che procede a ritmi sostenuti. Il calo di occupazione ormai non riguarda più il solo settore manifatturiero, ma si è allargato all’edilizia, che è il settore maggiormente colpito nell’ultimo anno e al terziario, che aveva tenuto bene negli anni passati».
Inevitabili complici della situazione ancora le industrie e le piccole aziende che hanno dovuto dichiarare fallimento o si sono trovate in gravi difficoltà: secondo l’Osservatorio Industria della Cisl, a inizio anno al Ministero dello Sviluppo economico erano aperte 159 vertenze riguardanti altrettante imprese (molte delle quali sono marchi storici dell’elettronica, del tessile, degli elettrodomestici, della chimica), per un totale di 120 mila lavoratori coinvolti. Si stima che gli esuberi siano il 15 per cento sul totale degli occupati di queste aziende. Fino ad ora in 18 hanno già chiuso bottega, lasciando a casa più di duemila persone. Moltissime le ore di cassa integrazione: circa 90 milioni di ore mensili, concentrate soprattutto in Lombardia (23,4 per cento), Piemonte (12 per cento) e Veneto (10,1 per cento).
Come sottolinea il segretario confederale della Cisl, Luigi Sbarra, la recessione dell’ultimo biennio ha causato una contrazione del Pil del 4,2 per cento, ed ora le luci della ripresa sono molto piccole: «Dalla recessione siamo passati ad un orizzonte di stagnazione – spiega – anche a causa della situazione nell’intera area europea. L’Italia ha ancora grandi energie e potenzialità per superare la crisi, ma è necessario che il lavoro diventi il tema prioritario di politica e governo». La ricetta del sindacato è quella di «una politica industriale che punti alla ricerca e all’innovazione, sia per rivitalizzare i settori tradizionali, sia per gli ambiti potenzialmente in crescita come quello dell’assistenza, del socio-sanitario, dei lavori verdi». Ma nell’immediato ciò che occorre è «un ampio credito di imposta per le imprese e un uso ottimale delle risorse della nuova programmazione dei fondi strutturali europei».