Caos tessere, il Pd senza regole per salvare le poltrone
C’era una volta un partito. C’era una volta un’organizzazione in grado di fare cose incredibili. Manifestazioni, cortei, primarie. Ora resta solo tanto caos. Nel Pd si sta consumando una battaglia fratricida per la conquista del Congresso. Una battaglia a suon di tesseramenti fasulli. “Cialtroni”, ha così liquidato i falsificatori Gianni Pittella. Ma il vero problema riguarda le regole che non ci sono.
Grillo più furbo del Pd. Anche Grillo, con il suo partito non-partito senza esperienza organizzativa, è riuscito a far meglio. Nelle famose “parlamentarie”, il comico genovese ha provveduto a mettere uno sbarramento d’ingresso: non solo bisognava essere iscritti al MoVimento per partecipare al voto, ma bisognava averlo fatto qualche mese prima. Una strategia semplice per evitare infiltrati e tesseramenti fasulli.
Lo zampino della nomenklatura. Il Pd guidato da Guglielo Epifani, invece, non lo ha previsto o non lo ha voluto prevedere. Non perché il Pd sia o meno un partito aperto (ci sono le primarie per far partecipare i simpatizzanti, non il congresso che riguarda gli iscritti) ma perché forse fa comodo agli uomini dell’apparato creare confusione, a scapito della credibilità. Un congresso in mano a Cuperlo (cioè in mano alla vecchia nomenclatura), bloccherebbe l’opera riformatrice interna (banalmente chiamata rottamazione), frutto di un’eventuale vittoria di Matteo Renzi.
“Annullate il voto nelle province”. Così, senza regole, lo scontro si è acceso con colpi bassi da entrambe le parti. Pippo Civati chiede di annullare i congressi provinciali nelle situazioni più gravi poiché, sostiene, “in questo modo si sta dando un’immagine falsata del partito. Facendolo apparire come un luogo in cui la corsa per il potere conta di più del rispetto delle regole”.