Da salvatore dell'Italia alle dimissioni, Mario Monti lascia Scelta Civica - Diritto di critica
Capo dello Stato al posto di Giorgio Napolitano, presidente del Consiglio in un governo delle larghe intese oppure, comunque, l’homo novus in grado di reggere le sorti del Paese in caso di stallo politico.
A tutto questo Mario Monti ha rinunciato il giorno in cui ha deciso di “salire in politica”, mischiandosi agli attori dell’agone nostrano, nella convinzione di poter fare la differenza davanti ai cittadini, forte dell’autorevolezza conquistata durante il governo tecnico e che molti – a livello internazionale – ancora gli riconoscono. Non aveva messo in conto, però, che la politica italiana è fatta per lo più di piccolezze, giochi infimi cui Monti non è abituato. Tirato per la giacchetta da tutti, il Professore non ha saputo reagire, ha evitato grandi scossoni nel timore di errori e, in generale, è stato fagocitato da un sistema ben oliato. Le conseguenze sono state percentuali da sopravvivenza alle ultime elezioni, una presenza politica molto limitata e infine le dimissioni. Come dire: Mario Monti ha perso l’occasione.
Per capire cosa sia successo all’interno di Scelta Civica, è utile rileggere le parole della Borletti Buitoni: «Ho l’impressione che nella nostra formazione politica ci fossero persone, e per fortuna sono la maggioranza, che erano disposte a questo progetto riformista e ci sono persone che hanno ritenuto questo partito un traghetto versi altri lidi politici. Siamo arrivati a un chiarimento interno che non escludo possa essere anche positivo».
In una politica personalistica come quella italiana, dove quasi ogni partito viene individuato prima nel leader e poi negli aderenti, il rischio è che ciò che resta di Scelta Civica adesso imploda e scompaia alle prossime elezioni. Questione di tempo.
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