Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | November 21, 2024

Scroll to top

Top

L'INTERVISTA: Lina Ben Mhenni, la blogger che sfida la rivoluzione - Diritto di critica

fotoLinaPerseguitata, minacciata, oggi sotto protezione. Lina Ben Mhenni, classe 1983, è un’attivista tunisina, blogger e assistente di linguistica presso l’Università di Tunisi. Durante il regno dell’ex presidente tunisino Ben Ali è stata una delle poche blogger a usare il suo vero nome, piuttosto che adottare un pseudonimo per proteggere la propria identità. Il suo blog, “A Tunsian Girl”, così come i suoi account di Facebook e Twitter, furono censurati sotto il regime di Ben Ali. Nel gennaio 2011, Lina ha seguito le prime settimane della rivoluzione tunisina da Sidi Bouzid, nell’interno del paese, ed è stata l’unica blogger presente nelle città di Kasserine e Regueb quando le forze governative massacravano i manifestanti. Ha poi pubblicato foto e video delle proteste e dei feriti in tutta la Tunisia, nel tentativo di rendere il governo responsabile delle violenze ha visitato gli ospedali locali, scattando foto ai feriti. Lina Ben Mhenni continua tutt’oggi a svolgere un ruolo di primo piano tra gli attivisti tunisini con costanti critiche contro la corruzione e nei confronti del governo islamista di Ennahda. Lina ha vinto il Deutsche Welle International Blog Award e l’International Journalism Prize di El Mundo. Nel 2011 è stata segnalata per il Nobel per la Pace a causa del suo contributo durante la rivoluzione tunisina. Dal 3 agosto 2013 è sotto protezione del governo tunisino in seguito a minacce ricevute dagli estremisti islamici.

Le proteste contro il governo islamista in Tunisia sono aumentate dopo l’assassinio di Mohammad Brahmi. I tunisini sembrano sempre più preoccupati e delusi dall’attuale leadership, accusata non solo di non essere stata in grado di migliorare la situazione economica del paese ma anche di non aver preso le misure necessarie per contrastare gli estremisti islamici.

A partire dal 25 luglio 2013, giorno dell’omicidio di Mohamed Brahmi, secondo leader dell’opposizione ad essere assassinato in meno di sei mesi dopo Choukri Belaid, la Tunisia è stata scossa da un’ondata di proteste organizzate dall’opposizione e appoggiate da gran parte della popolazione. Le principali richieste sono la dissoluzione dell’Assemblea Nazionale Costituente, le dimissioni dell’attuale governo islamista e la messa al bando delle Leghe per la Protezione della Rivoluzione.
Da quando questo governo è al potere, la Tunisia è entrata in piena regressione. L’esecutivo attuale era stato eletto per gestire il paese durante il periodo di transizione di un anno ma ha totalmente deviato dalla roadmap precedentemente stabilita che richiedeva una nuova Costituzione.
Quando i tunisini scesero in piazza tra dicembre 2010 e gennaio 2011 lo fecero per protestare principalmente contro la corruzione, la disoccupazione, il nepotismo, la repressione, l’oppressione, la mancanza di rispetto dei diritti dell’uomo e chiedendo lavoro, libertà, giustizia sociale e dignità nazionale; lo slogan principale era: “libertà, lavoro, giustizia nazionale”. Tuttavia l’attuale governo e i membri della Costituente sembrano disinteressarsi di tutto ciò, dando la precedenza a inutili dibattiti su religione  e identità e dividendo i tunisini in “credenti” e “miscredenti”; i credenti sono i loro sostenitori mentre i non-credenti tutti coloro che osano criticare il governo e che vogliono migliorare la situazione del paese. “Divide et impera” sembra essere il loro slogan.
Dal momento in cui questo governo ha preso il potere abbiamo assistito a un costante tentativo di islamizzare la società tunisina e abbiamo iniziato a sentire termini come “poligamia”, “jihad” e “sharia”. Nonostante la nascita di numerosi gruppi estremisti che hanno fatto ricorso alla violenza, la risposta del governo è stata latente, con conseguente proliferazione di tali gruppi che, causando disordini in tutto il paese, hanno notevolmente danneggiato il turismo, uno dei più importanti settori dell’economia tunisina. Pessima situazione economica, continui attacchi alla libertà di espressione e di parola con numerosi oppositori che sono finiti sotto processo per aver detto la propria opinione; Ennahda sta inoltre piazzando i proprio uomini in posizioni amministrative chiave; la Tunisia sta peggiorando di giorno in giorno e la situazione non si risolverà facilmente considerato che il governo islamista si rifiuta di dare le dimissioni.

Perché Ennahda ha fallito? La Tunisia sta rischiando una vera e propria “islamizzazione” sotto questo governo? Qual è la condizione attuale delle donne in Tunisia?

Ennahda ha fallito perché i suoi leader stanno cercando di imporre un modello di paese di stampo estremista, estraneo alla società tunisina. Possiamo riscontrare un doppio linguaggio da parte di questi leader che usano un linguaggio moderato con i media e la comunità internazionale mentre si esprimono in modo molto più estremo quando si rivolgono ai propri sostenitori in Tunisia.
Ennahda non ha rispettato le promesse fatte in campagna elettorale, non ha migliorato la situazione del paese e, nonostante il dissenso popolare, cercano in tutti i modi di mantenere il potere.
Per quanto riguarda la situazione delle donne, dal 23 ottobre 2011 è diventata sempre più complicata con frequenti dibattiti dove vengono presi di mira i diritti e le libertà delle donne. Diversi predicatori del Golfo sono stati invitati ed hanno parlato di jihad (in un paese dove la maggior parte della popolazione è musulmana), di matrimonio di minori, mutilazione genitale femminile, velatura di bambini sotto i 3 anni e creazione di scuole separate per maschi e femmine.
La violenza nei confronti delle donne è aumentata, abbiamo iniziato a sentire discorsi su “campagne di moralità” nei confronti delle donne, del loro modo di vestire e persino sulla libertà di movimento. Tutto ciò ad opera di personaggi che si sono conferiti da soli l’autorità di rappresentare e difendere l’Islam e l’identità araba. Questi personaggi sono sempre più presenti in televisione, radio, e giornali.
Altro fatto molto grave è l’introduzione dell’articolo 28 della Costituzione che parla di “complementarità” della donna all’uomo. Un termine pericolosissimo che ha suscitato le ire di gran parte dei tunisini  in quanto di significato vago che può essere oggetto di differenti interpretazioni. Il termine utilizzato nei trattati sui diritti umani è “uguaglianza” e tale dovrebbe essere anche sulla nostra Costituzione.
La scorsa estate poi c’è stato un fatto che ha sconvolto i tunisini; una ragazza è stata violentata da due poliziotti e successivamente fatta passare per “colpevole” invece che vittima. Le dichiarazioni ufficiali fornite dal portavoce del Ministero degli Interni furono vergognose: la ragazza si sarebbe trovata in una postura indecente assieme al suo fidanzato nel momento dell’arresto.

I movimenti di opposizione come si sono mossi per fare pressione sul governo islamista  e per procedere verso un reale cambiamento?

Un sit-in è iniziato il 27 luglio scorso, giorno dei funerali di Mohamed Brahmi. Il sit-in è tutt’ora attivo nonostante il tentativo di divieto nei primi giorni con violenti attacchi da parte della polizia. Alcuni membri dell’Assemblea Costituente si sono anche uniti al sit-in. Diverse manifestazioni sono state organizzate in tutto il paese e in diverse occasioni, come lo scorso 3 agosto, il giorno delle donne tunisine.
E’ stato inoltre tentato un dialogo nazionale coordinato dal sindacato UGTT e dai lavoratori dell’UTICA, con l’obiettivo di trovare una soluzione alla crisi, ma non ha portato alcun risultato.
Il 7 settembre, durante la commemorazione del quarantesimo giorno dall’assassinio di Mohamed Brahmi, i leader dell’opposizione hanno annunciato che il sit-in si sarebbe spostato davanti al Palazzo di Governo. Un gruppo di membri della Costituente che partecipavano al sit-in hanno annunciato uno sciopero della fame che sarebbe iniziato lunedì 9 settembre, ma il governo sembra disinteressarsi a tutto ciò.

 In Tunisia è presente un movimento simile al Tamarod egiziano? Vedremo presto un altro “Egitto” in Tunisia?

Abbiamo il movimento Tamarod anche in Tunisia. Ci sono diversi movimenti giovanili che cercano di fare pressione sul governo ma sono esclusi dal processo decisionale e questo è un grosso problema. Credo che Tamarod in Tunisia sia un’ottima cosa, ma i membri dei vari movimenti giovanili non hanno la necessaria esperienza e non sono riusciti a mobilitare adeguatamente la popolazione; i loro sforzi sono però importanti.
Non credo che avremo uno scenario egiziano in quanto l’esercito tunisino è differente da quello egiziano. Il partito islamista è riuscito ad assicurarsi la lealtà dei militari e delle forze di sicurezza piazzando i loro uomini nelle posizioni chiave.

Prima Choukri Belaid poi Mohamed Bhrahmi; perché i leader dell’opposizione vengono bersagliati? Le autorità hanno arrestato i responsabili degli omicidi? Dal 3 agosto sei anche tu sotto scorta, per quale motivo?

I leader dell’opposizione vengono bersagliati perché si contrappongono al tentativo di trasformazione della Tunisia in una teocrazia in stile iraniano o talebano; vengono colpiti perché denunciano pubblicamente ciò che non dovrebbe accadere e mettono in difficoltà il governo.
No, le autorità non stanno lavorando seriamente per fermare gli estremisti e ciò porta molti tunisini a dubitare di questo governo e del suo coinvolgimento in tali crimini.
Io sono sotto protezione dal 3 agosto su decisione del Ministero dell’Interno perché il mio nome è apparso in una lista di persone da assassinare, lista fatta dagli estremisti. E’ apparso anche un filmato dove una delle persone successivamente arrestate pronunciava il mio nome in riferimento a un piano per uccidermi.

Gli Stati Uniti e la Francia minacciano un intervento in Siria che potrebbe portare a drammatiche conseguenze in tutto il Medio Oriente; come vedi tale situazione?

Sono contraria a una tale interferenza. I paesi dovrebbero risolvere da soli i propri problemi e crearsi il proprio destino. Un intervento in Siria non farà altro che complicare ulteriormente le cose e tanti innocenti moriranno. Inoltre non penso che i siriani abbiano iniziato a protestare contro Assad per vedere americani e francesi progettare un intervento militare nel proprio paese.

Comments

  1. Giada Frana

    Se per sit-in si intende quello al Bardo, è stato smantellato giusto ieri. Sul profilo facebook della deputata dell’assemblea costituente Imen Ben Mohamed si può vedere il filmato e la gioia di molti tunisini, che addirittura si sono messi a fare gli zagaruth. (penso sia facile intuire la loro posizione politica…) Diversi membri di tamarrod erano presenti al Bardo, ma sul movimento tunisino sono ancora molti gli interrogativi.