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Diritto di critica | November 22, 2024

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Il declino di Erdogan, leader sconfitto da se stesso

erdoganErdogan ormai sta facendo emergere il suo vero volto, quello di un despota assetato di potere che non guarda in faccia nessuno pur di riuscire a mantenere il potere e perpetrare le sue politiche neo-liberiste basate sulle Grandi Opere; dunque provvedimenti che smantellano interi quartieri per far posto a palazzi elitari costruiti da imprenditori vicini all’entourage di governo, provvedimenti che distruggono spazi verdi per fare il novantaseiesimo centro commerciale di Istanbul.

E’ così che milioni di manifestanti e membri dell’opposizione che non condividono tali politiche vengono ribattezzati “scalmanati” e caricati dalla polizia; ma nelle piazze non si usano più soltanto lacrimogeni e idranti ma  acqua mista a sostanze blu dall’effetto urticante, ultima “super-arma” a disposizione di un governo che afferma che gli scontri sono causati da “pochi straccioni”: non si capisce per quale motivo sia stato necessario un tale spiegamento di forze.

Sabato in piazza Taksim si è consumata una vera tragedia, un bollettino di guerra spaventoso, donne picchiate, bambini gasati, bulldozer che rincorrevano i manifestanti fin dentro gli edifici dove venivano picchiati allo sfinimento. Particolarmente bersagliati i giornalisti, colpevoli di far uscire le immagini dal paese e lo sa bene il nostro Daniele Stefanini, caricato, picchiato in testa, e posto in stato di fermo dalla polizia; tutta la sua attrezzatura è stata posta sotto sequestro. A Stefanini è stato proibito anche di parlare al telefono con i familiari e con il consolato italiano. La colpa di Daniele? Aver scattato delle foto.

Il partito islamista di Erdogan, consapevole della precaria situazione in cui si trova, ha cercato di mostrare al paese e alla comunità internazionale di godere dell’appoggio popolare portando i propri sostenitori in piazza e organizzando un comizio con tanto di trasporti organizzati appositamente da varie parti del paese, un sistema che ricorda però i peggiori regimi dello scorso secolo e che impressiona ben pochi.

Mentre i sindacati annunciavano una giornata di sciopero definita “illegale” dal Ministro dell’Interno turco, il premier Erdogan affermava di “non riconoscere il Parlamento Europeo”, facendo riferimento alla critica risoluzione approvata dall’assemblea dell’UE in seguito alla brutale repressione messa in atto dalla polizia su ordine del governo turco, il quale accusa la stampa occidentale di complottare contro l’esecutivo turco.

Non è ben chiaro cosa Erdogan pensa di ottenere con tali provvedimenti repressivi ma una cosa è certa, il premier turco sta facendo un passo falso dietro l’altro, un atteggiamento presuntuoso e arrogante con il quale ha compromesso la propria reputazione a livello nazionale e internazionale e non è da escludere che a breve possa perdere anche il governo.

Erdogan infatti pecca di ingenuità se crede che perseguitando i media e arrestando i giornalisti si possa realmente riuscire a impedire che certe immagini facciano il giro del mondo. Evidentemente il premier non ha imparato la lezione delle rivolte egiziane e tunisine. La comunità internazionale ormai sa quello che sta accadendo in Turchia, a prescindere dai vani tentativi di propaganda che cercano di far credere che le rivolte siano opere di pochi scalmanati.

Il premier dimentica poi che alle elezioni fu votato con circa il 50% dei voti, ciò significa che un turco su due non ha votato per lui; considerato che la sua popolarità nel paese è fortemente scesa in seguito alla repressione forse è il caso che Erdogan inizi a valutare con accuratezza le sue prossime mosse, anche perché la popolazione non ha paura e sono i fatti a dimostrarlo: ad Ankara migliaia di persone hanno marciato sventolando le bandiere del sindacato fino in piazza Kizilay, arrivando a circa 50 metri dalla polizia in assetto anti-sommossa.

La violenta repressione da parte della polizia non fa altro che far perdere consenso, dunque legittimità, al governo islamista; ragion per cui quando Erdogan minaccia di schierare l’esercito mette ulteriormente a repentaglio la propria posizione. Forse il premier turco dovrebbe iniziare a temere se stesso piuttosto che i media e i social network.