G8 Genova, rischiano l'oblio 200 casi di violenze e abusi
Il G8 di Genova non smette di far parlare di sé: la magistratura ha chiesto l’archiviazione per oltre 200 denunce per “violenza di strada”, a carico delle forze dell’ordine. La cattiva ripartizione dei fascicoli e la mole di lavoro prodotta dai processi “Diaz” e “Bolzaneto” ha impedito ai pm di occuparsi d’altro. Ed oggi si rischia di non riuscire a sapere la verità su ciò che accadde per le strade della città ligure.
La richiesta di archiviazione. Il G8 che si svolse a Genova nel 2001 è tristemente noto per la morte di Carlo Giuliani e per gli episodi di violenza che avvennero nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, trasformatesi in luoghi di tortura. In realtà, in quei giorni, il capoluogo ligure fu teatro di una vera e propria guerriglia urbana, con moltissimi scontri ed episodi dubbi. Nei giorni che seguirono il meeting internazionale, oltre 200 manifestanti presentarono denunce, dichiarando di aver subito dalle forze dell’ordine pestaggi, arresti ingiustificati o altre violazioni di diritti. Oggi i pm incaricati di far luce su quegli episodi chiedono di “non decidere”, di archiviare i fascicoli senza avviare nemmeno l’istruttoria.
Violenza di strada. Patrizia Petruzziello, Francesco Cardona Albini e Vittorio Ranieri Miniati sono tre dei quattro magistrati che, in questi dodici anni, si sono occupati dei processi sul G8 di Genova, Diaz e Bolzaneto in testa. Sono loro stessi ad aver chiesto di procedere all’archiviazione delle 222 denunce per “violenza di strada”. Se la richiesta verrà accettata nessuno saprà mai la verità su un altro importante capitolo di ciò che avvenne a Genova nell’estate 2001. Sono pochissimi, infatti, i casi di questo genere arrivati a sentenza. E’ accaduto, ad esempio, per un episodio avvenuto a piazza Manin: 4 poliziotti sono stati condannati per aver arrestato illegalmente due studenti spagnoli. Nell’ambito dello stesso procedimento, un quinto poliziotto è stato condannato per falsa testimonianza.
Un’archiviazione evitabile. Con l’archiviazione chiesta dai magistrati, però, molti altri casi simili rischiano l’oblio. Ma perchè si è arrivati a questo punto, dodici anni dopo i fatti? Sono gli stessi pm a rispondere alla domanda: carico di lavoro sproporzionato rispetto alle forze messe in campo dalla macchina della giustizia. Il pool chiamato ad occuparsi di queste 200 denunce, infatti, è lo stesso che si è occupato dell’istruttoria dei casi Diaz e Bolzaneto. Processi che hanno richiesto sforzi notevoli, per la loro complessità e delicatezza, e durante i quali i magistrati si sono dovuti anche far carico di attività di indagine solitamente in mano alla polizia giudiziaria. Tutto ciò gli ha impedito di dedicarsi anche agli altri casi di violenza urbana. E’ così che adesso si trovano costretti a chiedere l’archiviazione, suscitando l’indignazione dei denuncianti e dei loro avvocati, che dopo oltre un decennio di attesa rischiano di ritrovarsi con un nulla di fatto. L’impressione è che, se già nel 2001 si fosse provveduto a ripartire i fascicoli processuali in maniera diversa, evitando di sovraccaricare pochi magistrati, non si sarebbe arrivati a questo punto.
La sentenza su “Bolzaneto”. Tornano così ad accendersi i riflettori sui tragici fatti di Genova, una ferita ancora aperta. E tornano ad accendersi proprio a ridosso di un’altra data importante. Il 14 giugno, infatti, è attesa la pronuncia della Cassazione per le violenza avvenute nella caserma di Bolzaneto. Un processo che conta ben 250 parti offese e 44 condannati in secondo grado. Se la Corte Suprema dovesse confermare la sentenza di appello le pene inflitte agli imputati risulterebbero coperte da indulto, ma scatterebbero comunque la responsabilità civile (quindi i risarcimenti alle vittime) e i provvedimenti disciplinari a carico di poliziotti e medici.
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