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Diritto di critica | November 22, 2024

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Processo Ruby, Ghedini: "Tutti prevenuti, fu gesto umano"

ruby_silvio_berlusconi_05Niccolò Ghedini ha dato il meglio. Ha accusato tutti i giudici di pregiudizio (sia su Berlusconi che su sè medesimo), ha ”smontato” il reato di concussione perché si è trattato solo di un ”gesto umano”, ha difeso i propri testimoni nonostante gli assegni staccati per loro da B. ancor oggi. Nell’arringa finale della difesa al Processo Ruby c’è tutta la guerra “culturale” del tardo impero berlusconiano. E la pietra di distinzione, ora, diventa la “cultura” stessa di chi è contro o pro il Cav.

Vicinanza culturale: l’italia spaccata in due. Non basta l’imparzialità assicurata a più riprese dei giudici, per Ghedini. La loro evidente (per chi?) ”vicinanza culturale” con la Procura della Repubblica, e la Boccassini in primo luogo, li rende prevenuti. Ma cosa significa? Quale cultura li accomuna, lasciando fuori Ghedini stesso? Sono giuristi, tutti sostanzialmente garantisti, chi più chi meno, come l’intero corpus giudiziario italiano. Di toghe rosse si parla da vent’anni, senza mai citare le toghe azzurre: e forse sarebbe ora di far cadere una distinzione che non ha senso. La ”vicinanza culturale” è un terreno scivoloso: può significare che solo chi ha una certa cultura rema contro Berlusconi – oppure che ci sono scuole diverse per giudici diversi (a Milano si addestrano i “rotweiler” giustizialisti, magari a Brescia i “barboncini” garantisti, vien da pensare). Suona quantomeno difficile da credere.

Ma è l’analisi dei fatti la più interessante ricostruzione di Ghedini. Per l’avvocato difensore, Berlusconi telefonò in Caserma a Milano la notte del 27 maggio 2009 per compiere “un gesto umano”, salvare un’innocente da una brutta storia. Nessun interesse dietro, solo un atto dovuto dal buon cuore del Cav: d’altronde, secondo Ghedini, “non sempre le azioni compiute da un pubblico ufficiale devono essere considerate un reato contro la pubblica amministrazione”, ma possono essere azioni umane”, sostiene Ghedini.

Vien però da chiedersi: fare pressioni su dei carabinieri per ottenere un rilascio “fuori dalle regole”, una “via d’eccezione” senza giustificazioni legali, è un gesto umano? O più semplicemente una violazione della legge? Viene in mente Nixon con il Watergate (parole sue): “se lo fa il Presidente, non può essere contro la legge”. E’ questa la “cultura” da cui divergono i giudici di Milano? Vien quasi da sperarlo.

L’ultimo e più glorioso punto della difesa: i nostri testimoni valgono quanto quelli dell’accusa. Anche se Berlusconi li paga. Ghedini si riferisce alle cinque olgettine che tutt’ora ricevono da Silvio circa 2500 euro al mese, denaro versato per “aiutarle” sia prima che dopo il processo. Dal punto di vista del legale, questo rapporto economico non può incidere sulla loro credibilità: perché dovrebbero mentire per tutelare il loro passato, presente e futuro benefattore? Perché dovrebbero ammorbidire la realtà o i fatti a suo favore, se le paga? Proprio non se ne vede il motivo.

Scena da basso impero. Ammettiamo per un momento che Ghedini abbia ragione senza fallo su tutto. Che un uomo politico possa concedersi ogni genere di azione “umana”, a discapito della legge, perché si sente di buon cuore. Ammettiamo la prassi, normale, di pagare (o assumere, o mantenere) i testimoni di un processo che ci vede imputati. Testimoni oculari, che devono raccontare com’è andata e farci mandare in carcere o meno. Ammettiamo che son tutti prevenuti contro il Cav, per “lontananza culturale” da lui (interessante sarebbe capire quale), e che quindi nessuno ha il diritto di giudicarlo e condannarlo (è prevenuto, a prescindere). Possiamo almeno dire che sarebbe una scena da basso impero, un sovvertimento totale dei principi legali e giuridici su cui ci basiamo? Che sarebbe la fine della legge “uguale per tutti”, e dell’amministrazione pubblica come “imparziale”? E’ proprio questo il nuovo Paese che vogliamo?