Precari e scontenti, la flessibilità all'italiana
Flessibilità in cambio di lavoro. Questo era ciò che era stato promesso. Abbandonare l’idea del posto fisso, lavorare ogni giorno con poche garanzie e tante insicurezze ma avere un’occupazione. Questo era il motivo per cui in Italia è stato importato il modello della flessibilità lavorativa, come necessità di adattare il paese alle nuove esigenze economiche. Ma la situazione, di fronte alla crisi, anziché migliorare è peggiorata e oggi c’è sempre più flessibilità ma anche sempre meno lavoro.
Più flessibilità, meno produttività. Lavorare sapendo che il contratto durerà ancora poco. Lavorare come e forse più degli altri, ma avere un contratto diverso, uno stipendio inferiore e nessun diritto. Difficile sentirsi parte dell’ufficio, della squadra. Difficile metterci tutto l’entusiasmo e l’impegno possibile. Andarsene quando si sono riusciti a stabilire i legami con i colleghi, l’intesa con i fornitori, quando le procedure sono state assimilate nel migliore dei modi. A quella stessa scrivania si sono sedute tante persone e continueranno ad esserci nuovi nomi e nuovi indirizzi email assegnati, perché assumere a tempo indeterminato costa troppo al datore di lavoro. Eppure, più c’è flessibilità meno è la produttività. A livello europeo è stato infatti stimato dall’Eurostat che la “la precarietà è causa stessa del declino economico”.
Quando la flessibilità è solo una scusa. In Italia oggi, la flessibilità ha perso di significato. Utilizzata dai datori di lavoro come un escamotage per pagare meno tasse, non presenta alcuna motivazione produttiva. Lasciati a se stessi i lavoratori precari vanno avanti senza diritti e spesso solo con doveri che spettano esclusivamente ai lavoratori dipendenti, tanto che in molti non sanno neanche che con un co.co.co o co.co.pro, non c’è l’obbligo di presentarsi tutti i giorni in ufficio e di rispettare gli orari lavorativi. Non sanno che un’ora di permesso o un giorno di malattia non dovrebbero essere scalate dallo stipendio. Eppure tutto questo è solo teoria. Parole rimaste scritte in una legge che in pochi rispettano.
Quasi nessun ammortizzatore sociale è previsto per compensare la flessibilità. Nessun premio salariale per chi convive con l’incubo della scadenza del contratto. Terminare un lavoro per iniziarne un altro. Ma un altro lavoro non c’è e per questo i giovani italiani preferiscono la monotonia del posto fisso. Capaci di far tutto ma specializzati in niente, i lavoratori precari e mal pagati non possono sicuramente contribuire pienamente al miglioramento del sistema economico. Importanti risorse completamente sprecate da un paese che non sa investire sul suo futuro.
Argomenti
precariato-
stabilizzare i precari per rilanciare l’economia nel nostro paese: propongo
di astenersi per tutta una sttimana da qualsiasi tipo di acquistodi un
prodotto tipo (ad es. lo yogurt) con il motto NO AL LAVORO CON UNA DATA
DI SCADENZA
Comments