Violenza e razzismo sul web, non c'è solo il "caso Boldrini"
Le parole del presidente della Camera Laura Boldrini sulla violenza nella Rete – pronunciate in seguito, è bene ricordarlo, alle minacce di morte, stupro e tortura, ricevute attraverso il web – hanno riacceso l’annosa polemica sulla libertà di Internet, con “i censori” del web contrapposti ai difensori della libertà di espressione degli utenti.
Nessuna legge per il web. Intanto una premessa. Laura Boldrini non ha mai utilizzato, nell’intervista concessa a Repubblica, l’espressione “anarchia del web”. E non ha mai parlato di leggi speciali. Ha però sollevato il problema della violenza sul web: un problema “delicato” su cui, secondo il presidente della Camera, è opportuno discutere “senza tabù”. Dichiarazioni a cui sono seguite quelle del presidente del Senato Pietro Grasso che ha sottolineato “la necessità di leggi che colpiscano i reati commessi attraverso il web, di qualsiasi tipo”.
Incitare all’odio e alla violenza, sul web. Minacce, insulti e violazioni della privacy sono ormai all’ordine del giorno sul web, dove sono sempre più numerosi i siti che incitano all’odio. Il clima nella Rete si sta surriscaldando, così come nel Paese. La sparatoria di fronte a Palazzo Chigi, i proiettili inviati a politici e giornalisti testimoniano una violenza crescente in parte della società italiana. Una violenza inaccettabile. La soluzione, però, non può essere certo la censura del web – dove tra l’altro non è poi così difficile risalire a nomi e cognomi – con la quale si aprirebbero scenari dalle conseguenze impensabili per un paese democratico. La Rete è un mezzo, potente e veloce, che può funzionare anche da amplificatore, dando enorme visibilità a quei “fanatismi” che sono sempre esistiti in Italia. Ma resta pur sempre un mezzo. E le leggi sulla diffamazione, le minacce, la violazione della privacy esistono già. Il problema, semmai, è mettere la giustizia in condizione di agire velocemente ed efficacemente contro quei comportamenti che configurano un reato.
Le donne, le più esposte. Occorre, però, sottolineare un altro fatto. La campagna contro Laura Boldrini è iniziata in occasione della sua visita alla comunità ebraica, durante la quale ha richiesto più rigore nei confronti del razzismo espresso sul web. Successivamente, nell’intervista a Repubblica, il presidente della Camera ha denunciato “l’aggressione sessista” che si scatena verso le donne che rivestono incarichi di rilievo, espressa spesso sotto forma di “minaccia sessuale”. In Italia inoltre, ancora oggi, le donne muoiono per mano degli uomini: un dramma troppe volte catalogato sotto l’etichetta “raptus” o “fatalità”. Per non parlare, poi, della mercificazione del corpo femminile, esibito dalla pubblicità, e dalla televisione, come un oggetto qualsiasi.
Razzismo e sessismo sono purtroppo ben radicati nella società italiana. Il problema, dunque, è soprattutto culturale e demonizzare la Rete non serve a molto. Può sembrare banale ma la vera sfida è un’altra: sensibilizzare i cittadini verso i valori del rispetto e dell’uguaglianza, partendo dalle scuole per risalire fino alle istituzioni, dove troppo spesso certi atteggiamenti, e certe esternazioni, sono fin troppo tollerati.