Unicef, in Italia boom bambini poveri
di Francesco Rossi
Minori a rischio anche nell’Italia del G8: l’Unicef denuncia il boom dei bambini poveri e l’inasprimento delle differenze sociali, a causa della crisi economica. Peggiorano anche le prospettive per il futuro, con il sistema scolastico sempre meno efficace e le possibilità lavorative dei giovani in picchiata.
Il rapporto. L’Italia non è un paese per bambini, almeno economicamente. A metterlo nero su bianco un rapporto dell’Unicef, che analizza le condizioni di vita dell’infanzia in 29 Stati del cosiddetto primo mondo. Il nostro paese non fa una bella figura: nella classifica generale finisce 22esimo. Dietro ci sono solo nazioni decisamente più povere: Estonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Lettonia e Romania. Unica magra consolazione: fanno peggio di noi anche gli Stati Uniti, addirittura 26°. In vetta, invece, spiccano Paesi Bassi, Norvegia e Islanda. Lo studio analizza sia le condizioni “di base”, cioè benessere materiale, salute e sicurezza, condizioni abitative, sia le condizioni di contesto, ovvero l’istruzione, i comportamenti prevalenti e i rischi. E in nessun settore l’Italia riesce a superare il 17° posto.
Le conseguenze della crisi. L’Italia mostra la corda soprattutto nell’area del benessere materiale. La crisi si fa sentire, la povertà morde, e i bambini ne fanno le spese. Il 17% dei minori appartiene a famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa (cioè con un reddito inferiore al 50% della media nazionale). Ed in più si tratta di una condizione di bisogno molto accentuato: il reddito di questi nuclei, infatti, è di oltre il 31% inferiore a quello medio. Ci sono poi 13 bambini su 100 con genitori che dispongono di risorse finanziarie molto limitate (povertà assoluta).
Gli under 18, quindi, pagano lo scotto di vivere in un paese progressivamente più povero ma soprattutto nettamente più diseguale di qualche anno fa. Il quadro è desolante, se si considera che anche la Grecia ha un tasso di povertà infantile più basso (15%) e che addirittura in Romania le disuguaglianze economiche sono meno accentuate, anche se di poco.
Futuro a rischio. E’ un altro, però, il settore in cui il nostro paese tocca il fondo: l’istruzione (25° posto). Infatti, se il tasso di iscrizione alla scuola dell’infanzia è da top ten (97% e 6° posto), va molto male quello per i livelli di istruzione superiore: solo l’82% dei ragazzi con più di 15 anni prosegue gli studi (22° posto). In questa stessa fascia di età, invece, esplodono i NEET: i giovani che non studiano nè lavorano sono l’11%, peggio riesce a fare solo la Spagna (quasi 14%). E se si guarda al profitto scolastico, misurato secondo i test internazionali PISA (che valutano lettura, matematica e scienze), le cose non migliorano: l’Italia si piazza solo 24°, e molto lontana dalle eccellenze. Il pericolo nascosto dietro i freddi numeri è evidente: c’è una generazione che, a causa di un presente fatto di ristrettezze economiche, rischia di perdere anche il futuro.