Quell'incerto futuro di un Venezuela orfano di Chavez
di Marco Luigi Cimminella
Hugo Chavez aveva 58 anni. Da tempo stava affrontando un dura lotta contro il cancro che gli era stato diagnosticato nel 2011. La notizia del decesso è stata comunicata dal suo erede politico, il vicepresidente Maduro, che assumerà le redini di un governo ad interim in vista delle prossime elezioni, da convocarsi, secondo il ministro degli Esteri Elías Jaua, tra 30 giorni.
Il compianto del Comandante. Migliaia di persone sono scese in strada a Caracas e nel resto del paese per condividere il proprio dolore. Sostenuto dagli strati più poveri della società venezuelana, che ne costituiscono la maggioranza, l’artefice del socialismo del XXI secolo, nell’arco della sua lunga carriera politica ha utilizzato gli introiti derivanti dal petrolio per finanziare un vasto programma di spesa sociale. Aiuti economici, sovvenzioni all’istruzione e al sistema sanitario, alimenti sussidiati, investimenti pubblici, sono tutti i benefit, originati dall’esportazione di idrocarburi, di cui le classi più disagiate hanno potuto godere e che hanno contribuito ad accrescere la popolarità del Presidente. Provvedimenti che, rientranti in un modello economico dirigista e contestualizzati nel progetto di una patria socialista e anti-imperialista, hanno di fatto consolidato il potere nelle mani di Chavez, il cui quarto mandato consecutivo è stato impedito solo dal sopraggiungere della morte.
Le critiche. I detrattori hanno aspramente attaccato le misure economiche e politiche implementate dal Comandante. Come in passato aveva ribadito la piattaforma del MUD (Mesa de la Unidad Democrática), in cui si incarna lo spirito antichavista dell’opposizione, le iniziative del leader venezuelano, limitandosi a soddisfare in chiave populista le esigenze di breve-periodo dei gruppi più indigenti, hanno finito per peggiorare le già difficili condizioni strutturali e macroeconomiche che caratterizzano il paese: tra queste, un’inflazione galoppante, un altissimo tasso di criminalità, un’economia uni-settoriale suscettibile alla volatilità dei prezzi delle materie prime e un preoccupante indice di disoccupazione. Tutti elementi che inibiscono una stabile e progressiva crescita economica in grado di ridurre, certo nel lungo tempo ma in maniera più sistematica, una povertà dilagante che si è cercato per lungo tempo solo di tamponare.
Democrazia a metà. Sotto accusa è stata anche la concentrazione del potere operata da Chavez. Il controllo dei mezzi di informazione; il rapporto personalistico instaurato con il popolo; l’amministrazione statale dei principali mezzi di produzione e distribuzione nazionale; la riorganizzazione delle strutture di sicurezza, con la creazione di reparti speciali di polizia e formazioni paramilitari sono tutti fattori che hanno permesso al Presidente di detenere e rinvigorire il completo monopolio dell’autorità politica.
Il panorama internazionale. Intanto le condoglianze si susseguono, inviate dai capi di stato e funzionari politici del continente americano. Partendo dagli Stati Uniti di Obama fino ad arrivare all’Argentina di Kirchner, i governi dei diversi paesi dell’emisfero occidentale, indipendentemente dal loro colore e ideologia, hanno espresso il loro cordoglio e appoggio verso il popolo venezuelano, che da oggi si incammina lungo una difficile transizione istituzionale. Intanto però ci si domanda quali saranno i nuovi assetti regionali e le conseguenze derivanti dal cambiamento della leadership venezuelana.
Il Venezuela, fulcro dell’equilibrio sudamericano. Gli ingenti giacimenti petroliferi avevano permesso a Chavez di imbastire buone relazioni con molti stati latinoamericani. L’oro nero venduto ad un prezzo ridotto e l’assistenza finanziaria costituivano la leva diplomatica e le componenti basilari del soft-power del paese. Morales in Bolivia, Correa in Ecuador, Ortega in Nicaragua, i fratelli Castro a Cuba hanno potuto fruire di crediti e di approvvigionamento energetico. In cambio, hanno promosso la causa bolivariana e appoggiato i fenomeni associativi irradiati da Caracas. Iconica è l’ALBA, anticapitalista e antistatunitense, che si pone in stridente contrasto con i piani panamericani elaborati a Washington. Anche i coniugi Kirchner hanno potuto contare sul sostegno finanziario del Venezuela quando i creditori internazionali, completamente sfiduciati da un’Argentina post-default, erano piuttosto restii ad investire nei suoi titoli di debito.
Le amicizie scomode. Non solo dal continente americano sono giunte le espressioni di cordoglio. Il presidente iraniano Ahmadinejad potrebbe partecipare al funerale del Comandante, secondo quanto riporta l’agenzia statale IRNA. Difatti Caracas ha intessuto buone relazioni con Teheran, condividendo con la Repubblica Islamica le critiche alla politica estera del Dipartimento di Stato. In particolare, la Casa Bianca guarda con attenzione al loro rapporto: teme infatti che l’invio di aiuti economici venezuelani possano mitigare l’impatto delle sanzioni imposte da parte della comunità internazionale sull’Iran per via del suo programma nucleare. Importanti sono stati inoltre i contatti aperti con Siria, Russia, Cina (oltre alla Libia di Gheddafi) in un’ottica di diversificazione dei propri partner commerciali e diplomatici e di ringiovanimento del proprio apparato bellico.
Un avvenire incerto. A questo punto si aprono due possibili strade. L’eredità politica e ideologica di Chavez sarà raccolta quasi sicuramente dal suo delfino, Nicolás Maduro, ex autista di autobus divenuto suo portavoce, suo ministro degli Esteri nella passata legislatura e infine vice-presidente dal 2012. Privo del carisma e delle capacità oratorie del Comandante, dovrà perpetuare i legami internazionali da lui creati, implementare i principi del Socialismo del XXI secolo e conservare la coesione del movimento chavista. Emulare Hugo sarà difficile; tuttavia, amministrando il paese durante la fase di campagna elettorale, potrà strumentalizzare i programmi sociali e i ricavati del petrolio per coagulare attorno a sé consenso popolare.
L’opposizione sul piede di guerra. Diversamente l’opposizione, riunitasi nelle passate consultazioni nella coalizione elettorale del MUD, sarà molto probabilmente condotta da Henrique Capriles, sconfitto nelle presidenziali dell’ottobre scorso. Appoggiato dai ceti medi, Capriles propone un progetto politico che si sostanzia nella de-nazionalizzazione e diversificazione del settore produttivo, nella lotta all’inflazione e alla diffusa criminalità, e infine nella rottura dei rapporti con regimi autoritari e repressivi.
L’aria di incertezza che si respira nella Repubblica bolivariana impregna l’intera regione latinoamericana. E mentre la maggior parte del popolo venezuelano saluta, piangendo, il suo leader, il resto di esso si lamenta, costretto a fare i conti con il suo lascito.
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