Restart Antimafia, occhi aperti per un Parlamento Civile - Diritto di critica
Le elezioni di febbraio chiamano in causa – dopo tanto tempo – la società civile. Tutti i partiti mettono in squadra esponenti della lotta alle mafie, in risposta alla crisi di fiducia nella politica. Ma se fosse tutto “chiacchiere e slogan”? Ecco perché l’associazione Da Sud ha lanciato l’Osservatorio Restart Antimafia, per seguire da vicino le dichiarazioni – e le azioni – dei candidati al Parlamento e vedere che cosa, in concreto, propongono di fare contro la Piovra.
Al Goethe Institute, sabato 12, c’erano parecchi esponenti politici. Si è presentato Zingaretti, candidato Pd alla Regione Lazio, insieme ai colleghi Stefano Fassina e Jean Leonard Touadì; ma anche i candidati della società civile alle elezioni di febbraio. Vedere Celeste Costantino, portavoce dell’associazione Da Sud, al fianco di Nichi Vendola per la presentazione della lista Sel al Parlamento ha fatto effetto a molti: con lei anche Gabriella Stramaccione, braccio destro di Don Luigi Ciotti e rappresentante di Libera, l’associazione che recupera e mette a frutto i beni confiscati alle mafie per finalità sociali. Sono segnali importanti: fanno pensare che, questa volta, a fare le leggi potrebbe andare chi si batte quotidianamente per farle rispettare. Spesso chiedendo, allo Stato, strumenti migliori per proteggere l’area di legalità duramente conquistata.
Restart Antimafia. Quando si sventolano bandiere e slogan, è bene guardare dietro le quinte. Assicurarsi che chi si presenta immacolato davanti non sia poi sporco dietro. Per questo l’associazione Da Sud ha stretto una Rete di informazione – unendosi tra gli altri ad Errori di Stampa e Libera – centrata sulla campagna elettorale in corso: dal 25 gennaio al 25 febbraio, un nuovo sito metterà a disposizione dei cittadini un’ampia rassegna stampa sulle dichiarazioni e le azioni dei candidati. I partiti politici che si impegnano, già con i nomi in lista, nella lotta alla mafia, verranno passati al pettine: i programmi elettorali analizzati, le parole dei portavoce controllate. Per consentire un voto consapevole ai cittadini su un tema fondamentale, e finora mal affrontato.
“Quando deve intervenire la magistratura e la polizia, significa che la società ha fallito”. Qui al Congresso di Da Sud si sente ripetere spesso questo concetto. “Il fronte punitivo non basta, ci sono degli step precedenti indispensabili: deve partire da una consapevolezza sociale della comunità in cui si vive“, spiega Gianluca Palma, calabrese, di Da Sud. La società civile in prima linea si batte per questo, per sottrarre ai clan mafiosi la linfa vitale: i ragazzi lasciati ad invecchiare nelle “ville” dei paesi, o chiusi nella miseria di una periferia che non dà gli strumenti per uscirne.
“Noi come Da Sud proponiamo delle Buone Pratiche per uscire da questa empasse”, continua Gianluca, “in cui si punisce, s’incarcera ma fuori gli atti mafiosi continuano, perché le ragioni di fondo sono ancora tutte intatte”. Per prima cosa, “il reddito minimo garantito: pensiamo anche solo ai caporali di Castelvolturno o agli anelli finali della catena mafiosa, dobbiamo dar loro una piccola ma concreta possibilità di scelta, come già viene fatto in altri Paesi europei”. E ancora, “l’utilizzo dei beni confiscati alla mafia per garantire e allargare il diritto allo studio”, cioè opporre all’ignoranza della cultura mafiosa la consapevolezza e l’istruzione dei giovani. Un progetto in evoluzione, che non mancheremo di seguire.