Amianto e uranio, le vere minacce per i soldati italiani
Peggio delle bombe nemiche e dei proiettili, uranio e amianto falciano in silenzio decine di soldati italiani. Spesso in congedo, anni dopo il servizio. Oltre allo stillicidio ancora in corso di vittime da uranio impoverito, a Salto di Quirra come in Kosovo, è allarme amianto. L’eternit è ancora diffuso negli hangar e nelle strutture militari di mezza Italia, anche nelle tute d’esercitazione. Senza controlli medici o misure preventive.
E’ dal 1965 che l’amianto viene usato negli hangar dell’aviazione e nelle tute speciali dell’esercito. Già all’epoca – quando ancora non si conoscevano gli effetti pericolosi dell’eternit – era obbligatoria “un’adeguata sorveglianza sanitaria”, cioè visite regolari e speciali verifiche sul campo. Regola mai osservata. Nel 1992 l’Eternit viene messo fuori legge, ma lo smantellamento delle strutture costa troppo, il bilancio militare non se lo può – o non vuole – permetterselo. Alcune basi vengono sequestrate, come Guidonia, ma le altre restano attive. E le visite mediche restano una mezza farsa fino ad anni recentissimi. Tutt’ora, il generale Aristide Lombardi, ufficiale medico dello Stato Maggiore dell’aviazione, conferma la presenza massiccia di amianto nelle basi aeree: “è sotto il sole”, dichiara.
La bonifica – se mai è iniziata in modo serio – è ancora in alto mare, con conseguenze letali. L’Osservatorio nazionale amianto ha rilevato tra i militari decine di casi di tumori riconducibili all’esposizione all’amianto. In particolare mesotelioma, una forma di cancro ai polmoni. Al momento ci sono almeno 50 cause di richiesta di contribuzione per spese mediche per la chemioterapia che questi tumori richiedono, molto costosa (3500 euro al mese, come afferma Nunzio Pierini, classe 1949, nell’aeronautica da trent’anni). mianto dipendono dall’esposizione, più tardi arriva la diagnosi e peggio è. Ma l’esercito ha mantenuto uno stretto silenzio sui rischi e sui danni dell’eternit, escludendo di fatto “qualsiasi misura di salvaguardia psico-fisica”. Un silenzio denunciato anche dalle relazioni dell’Istituto superiore di Sanità, mai ascoltate dagli alti gradi dell’esercit0.
Attese eterne. La burocrazia rema contro, sembrerebbe. Il riconoscimento delle cause di servizio – e delle contribuzioni alle spese sanitarie – ha tempi lunghissimi, che ostacolano la cura. E’ il caso di Salvo Canizzo, il militare catanese ucciso da tumore al cervello a causa dell’uranio impoverito assorbito in Kosovo. Attendeva da 4 anni il riconoscimento, mai arrivato, e non riusciva più a far fronte alle spese. Anche con l‘amianto i tempi sono biblici. Pierini è in attesa dal 2011, e solo adesso il Ministero della Difesa ha trasferito il suo incartamento al Comitato di Verifica. Ma di tempo, a Pierini come a moltissimi altri militari – ammalati per aver fatto il loro dovere, traditi da chi doveva informarli e tutelarli da sostanze tossiche sul luogo di lavoro – di tempo ne è rimasto poco.