Quattro cortei e una Capitale
In molti si aspettavano un nuovo massacro. Cariche di polizia, bastonate, sanpietrini volanti e lacrimogeni in caduta di rimbalzo dai palazzi di giustizia. O forse sparati dall’alto, chissà. Le telecamere erano già pronte, i taccuini pure, come sempre in questi casi. Perché dove c’è manifestazione e sangue, c’è notizia. E sabato 24 novembre di manifestazioni ce n’erano quattro: una degli studenti, una dei sindacati, una di Casapound e un sit in di protesta antifascista (a maggior gloria di Casapound). A sentire Alemanno, doveva essere una giornata letale per la Capitale. Da mesi il sindaco uscente coglie ogni occasione per sponsorizzare il blocco dei cortei. “E’ inaccettabile, la città si blocca ogni volta che parte un corteo”, sbraitava non più di dieci giorni fa il superGianni. “Non possiamo pagare sempre noi i danni”, ammiccando ai commercianti e ristoratori del centro storico – dove una manifestazione a Corso Emanuele significa chiudere i tavolini abusivi sui marciapiede e ritirarsi dietro le saracinesche, e addio turisti.
E invece niente. Chi voleva un sabato di sangue e botte è rimasto deluso. I poliziotti erano stati bene avvertiti dal prefetto, almeno questa volta: mantenete la calma, non accettate le provocazioni, non vogliamo incidenti. I caschi erano attaccati alla cintola, le teste scoperte facevano meno impressione – riconoscere una persona dentro la divisa, anche se non ha un nome nè un numero di riconoscimento, pare faccia ancora bene alle relazioni sociali.
Gli studenti erano venuti “già menati”, come recitava il loro striscione. Ed è vero, perché di botte ne avevano prese tante il 14. Non hanno cercato vendetta, anche se la rabbia c’era. Rabbia per i lacrimogeni dall’alto di un palazzo di giustizia che smentisce tutto mentre i video raccontano un’altra storia: ma soprattutto per una settimana di fuoco di fila di tutta la stampa, che da studenti incazzati li ha trasformati – senza distinzioni – in black bloc. Tutti quanti. Eppure, sono stati calmi. Hanno sfilato, urlato slogan, acceso i fumogeni. Verso l’una son volati anche gli insulti contro la polizia, è vero: ma non hanno caricato, non hanno cercato sul serio la rissa. Il corteo da piazzale ostiense è arrivato al Colosseo e poi all’Esquilino, e non ha prodotto feriti, tafferugli o devastazione.
Ecco, agli studenti aggiungete i sindacati, arrabbiati contro un governo che gli sta facendo pagare salatissima la crisi: aggiungeteci i “neri” di Casapound, che gridavano quasi le stesse cose contro Monti-Fornero-Passera (“Falli piangere!” recitava lo striscione d’apertura), nel quartiere Prati: e metteteci pure il Presidio Antifascista all’Esquilino, con i giovani di San Lorenzo e i veterani dell’Anpi. Stando ai numeri sgonfiati della Prefettura, sono 20-25 mila persone (almeno il triplo agli occhi di chi c’era, ma vabbè). E non hanno devastato Roma. Forse il problema non è la presenza dei cortei, ma la volontà politica di farli svolgere pacificamente (o quantomeno di non farli, deliberatamente, esplodere). Pensiamoci, la prossima volta che sentiamo di tafferugli, lacrimogeni e manganelli nella Capitale.