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Diritto di critica | November 24, 2024

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Dopo la Siria, ora è il Libano a tremare

Il Libano rischia di ripiombare nel caos. Venerdì scorso una bomba è esplosa nel centro di Beirut uccidendo Wissam al-Hassan, un alto ufficiale dell’intelligence libanese, il quale si era occupato di due importanti indagini, una sulla morte di Rafik al-Hariri per la quale era finito nel mirino della magistratura siriana con l’accusa di falsa testimonianza, e un’altra che ha portato lo scorso agosto all’arresto dell’ex Ministro dell’Informazione Michel Samaha, accusato di aver pianificato attacchi all’interno del paese con lo scopo di fomentare violenze tra sciiti e sunniti e, secondo fonti di Al Arabiya, consigliere della famiglia Assad fin dai tempi di Hafez al-Assad.

Bomba tra i cristiani anti-Assad. La bomba, la quale ha provocato sette morti e più di 80 feriti, è esplosa nella zona in prevalenza cristiana di Ashrafiyeh nell’ora di punta, quando molti genitori stavano andando a prendere i figli a scuola. L’esplosione ha anche causato danni ad auto e palazzi circostanti. Fatto curioso, la bomba è scoppiata proprio nella strada dove si trova uno degli uffici del partito cristiano falangista anti-Assad.

Manifestazioni contro il premier filo-siriano. Le strade della capitale si sono immediatamente riempite di manifestanti, principalmente di matrice sunnita e cristiana, inferociti con il governo del premier Najib Mikati, accusato di essere troppo vicino al presidente siriano Bashir Assad e a Hezbollah, suo alleato di sempre. Nella giornata di domenica migliaia di libanesi sono scesi in strada per partecipare ai funerali di Hassan, l’ex primo ministro Fouad al-Siniora ha direttamente accusato il governo di essere responsabile dell’attentato ed ha chiesto le immediate dimissioni dell’esecutivo: “Mikati, non puoi restare al tuo posto per cercare di coprire quanto è accaduto…..se resti significa che sei d’accordo con ciò che è successo”. Dopo i funerali, i manifestanti inferociti hanno dato l’assalto al Serail, il quartier generale del primo ministro, lanciando vari oggetti contundenti tra cui bastoni, pietre e pezzi di ferro. Le forze dell’ordine hanno risposto con i gas lacrimogeni e con colpi di arma da fuoco sparati in aria. Tumulti anche in altre zone del paese come la valle della Bekaa, la zona di Akkar, a Sidone e Tripoli dove, secondo fonti di Al Jazeera, una donna sunnita sarebbe rimasta uccisa da un cecchino. Alcuni manifestanti hanno affermato che le proteste continueranno e il paese resterà paralizzato finché il governo Mikati non si dimetterà.

Rischio nuova guerra civile. Ciò che molti analisti temevano si sta concretizzando, il Libano sta piombando nel baratro di una potenziale ed ennesima guerra civile. L’attentato, al di là dell’aver eliminato un personaggio scomodo sia per il regime siriano che per Hezbollah, suona tanto come un avvertimento e forse anche come un ultimo disperato tentativo da parte della Siria di tenere le mani su un paese che per troppo tempo ne è stato politicamente condizionato, paese che si ritrova oggi con una milizia sciita forse più potente dello stesso esercito libanese.

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