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Diritto di critica | November 28, 2024

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La Fao: "Educazione e formazione i segreti per la produttività"

di Giada Frana

Sono quasi 870 milioni di persone, l’equivalente di un abitante su otto, che hanno sofferto di sottoalimentazione cronica negli ultimi due anni, dal 2010 al 2012: è il dato che emerge dall’ultimo rapporto sulla fame nel mondo, diffuso nei giorni scorsi dalle Nazioni Unite. Non solo: attualmente, sono circa 1 milione e mezzo le persone che vivono con meno di 1 dollaro e 25 al giorno. Il 70% dei poveri del mondo è rurale e ad essere colpiti sono soprattutto bambini e giovani (dati Ifad, International Fund for Agricultural Development). Per questo si parla di “sicurezza alimentare”: si ha quando tutti, allo stesso tempo, hanno accesso ad un’alimentazione sufficiente, sicura e nutriente per poter soddisfare le proprie esigenze e avere uno stile di vita sano. Una sicurezza che, quindi, risulta ancora essere ben lontana dalla realtà.

“Non si può parlare di sicurezza alimentare senza parlare di educazione”, ha sottolineato Lavinia Gasparini, funzionario Educazione agricola della Fao, durante l’incontro “Conoscenza e cibo per tutti: educazione per le popolazioni rurali” organizzato all’Università degli Studi di Bergamo nell’ambito di Bergamoscienza. La maggior parte dei denutriti e analfabeti sono rurali e viceversa: entrando nel dettaglio, i denutriti rurali sono il 70% di 925 milioni, pari a 647 milioni; mentre gli analfabeti rurali sono il 70% di 863 milioni totali, ossia 604 milioni. Tra gli analfabeti, i bambini sono 67 milioni, mentre gli adulti sono 796 milioni.

Le ricerche effettuate negli ultimi anni dimostrano che l’educazione a sua volta è strettamente legata alla produzione: la produttività dei contadini scolarizzati è maggiore dell’8,7% rispetto a quelli analfabeti. Se all’educazione si aggiungono poi l’utilizzo di elementi esterni, quali ad esempio fertilizzanti e macchinari agricoli, la produttività aumenta del 13%. Il divario tra popolazione rurale ed urbana è ancora alto: nei Paesi in via di sviluppo, i primi sono il 55% del totale, circa 3,1 miliardi di persone. Si calcola che, tra il 2020 e il 2025, questo numero aumenterà costantemente, per poi diminuire nel 2025 nel Mediterraneo, Nord Africa e Asia centrale, mentre nell’Africa sub sahariana, la diminuzione avverrà attorno al 2045.

Il gap riguardante l’educazione, la formazione e le conoscenze tra il mondo rurale e quello urbano – spiega Gasparini – è attualmente uno degli ostacoli maggiori da abbattere per sradicare la povertà e la fame”.  Una delle iniziative più importanti sviluppate dall’Unesco, a cui partecipa anche la Fao, è proprio il partenariato ERP, Educazione per le popolazioni rurali. ERP si fonda su un approccio politico basato su una ricerca che promuova una cooperazione multidisciplinare tra il Ministero dell’educazione, dell’agricoltura e le organizzazioni che si occupano di accrescere l’accesso a un’educazione di qualità e una formazione professionale per tutti gli adulti, i giovani e i bambini delle zone rurali. Obiettivi quindi possibili solo attraverso un’interazione tra individui, organizzazioni e politiche. Il libro “Educazione per le popolazioni rurali – il ruolo dell’educazione, la formazione e lo sviluppo di capacità per la riduzione della povertà e della sicurezza alimentare” (scaricabile in versione pdf sul sito www.fao.org), scritto da Gasparini in collaborazione con David Acker, docente di Educazione agricola alla Iowa State University, affronta proprio queste tematiche. Dieci le sfide che vengono affrontate nel volume, al fine di individuare la correlazione esistente tra educazione, aumento del benessere, emancipazione e sicurezza alimentare, avvalendosi in particolare dello studio di “buone pratiche ” raccolte in tutto il mondo che garantiscano un rafforzamento delle capacità delle popolazioni e il raggiungimento della sicurezza alimentare. Oltre all’accesso e alla qualità all’educazione e formazione, si sottolinea la necessità dell’inclusione degli studenti aticipici (es. rifugiati, minoranze etniche, disabili, bambini-lavoratori), ambienti formativi in linea con le esigenze di genere (scuole a misura di ragazze, orari flessibili, docenti donne), coinvolgimento comunitario e reclutamento e stabilità organica di insegnanti e divulgatori agricoli.