Il Lazio volta pagina, il Pd vuole accelerare
Le dimissioni di Renata Polverini aprono la battaglia elettorale per la Regione Lazio. Tutta da capire: quando si vota, chi si candiderà, che cosa faranno gli elettori. Gasbarra e il Pd premono per un voto immediato, di pancia, per travolgere il Pdl ancora sporco del fango di Fiorito; il centrodestra punta sulla “linea degli onesti”, la dignità prima di tutto. Incognita Udc, che tende la mano alla Polverini. Ma nessuno dei candidati ha la fedina morale davvero pulita.
Quando si va al voto? La Giunta è caduta prima che intervenisse il Tar o il Governo a commissariare la Regione. Quindi, secondo la legge 2 del 2005, le elezioni vanno indette tra un minimo di 45 giorni e un massimo di 90. Ma il precedente di Marrazzo insegna che i tempi si possono allungare: nel 2010 si votò 2 mesi dopo la data fissata dal decreto del Presidente del Consiglio regionale (e 5 mesi dallo scandalo). Per i bookmakers, i tempi lunghi favorirebbero il Pdl, che avrebbe modo di rifarsi la faccia dopo Fiorito (il quale ha dichiarato di volersi “ovviamente” ricandidare). Il Pd vuole invece tempi rapidi per cavalcare l’onda dell’indignazione pubblica verso i toga party e le “ostriche e champagne”. Ma non troppo.
L’incognita Udc. L’ago della bilancia delle due formazioni resta l’Unione di Centro. Il partito di Ciocchetti ha prima difeso e poi scaricato la Giunta Polverini, passando dalla maggioranza all’opposizione nel giro di 5 ore. In realtà, dietro c’è stato un intenso lavoro dei pontieri democratici e centristi, durato almeno 10 giorni (e delineato già da mesi, in vista delle elezioni per Roma Capitale). L’Unione entra in un gioco delicato: a inizio 2013 si voterà per la Regione e per il Comune di Roma in simultanea, e se l’Udc era in maggioranza con la Polverini, in Campidoglio siede con il Pd. I centristi decideranno (e imporranno le loro condizioni) al nuovo sindaco di Roma: ed ora anche al nuovo Governatore, nello stesso colpo (e nello stesso segno, probabilmente).
Candidati scomodi. Il toto candidabili è quasi un deserto. Il Partito democratico ha solo due nomi da presentare: il capogruppo Esterino Montino, che ha guidato le dimissioni dei consiglieri d’opposizione alla Polverini, ed Enrico Gasbarra, ex presidente della Provincia di Roma. Un nome noto, e non sempre in bene: nel 2007 è stato contestato per 3 milioni di euro versati dalla Provincia a 10 consiglieri bipartisan per “risarcimento a fronte di ricavi professionali mancati”. L’anno dopo, nel 2008, Zingaretti gli sfilò la poltrona, anche grazie a questa debacle. In casa PdL va anche peggio. Il gruppo del Lazio è sottosopra: la direzione Fiorito-Battistoni è saltata lasciando dietro una montagna di fango e tanti uomini compromessi. Unico spiraglio, le nuove leve, ovvero Chiara Colosimo (26 anni) e Luca Gramazio (32 anni). Eppure proprio Franco Fiorito annuncia la propria candidatura al Consiglio, e la Polverini è pronta a ritagliarsi un posto in prima fila sparando a zero “rivelazioni” sullo scandalo delle ostriche.
E i grillini? Mai dimenticare l’antipolitica. Specie perché la pancia dell’elettorato ne ha abbastanza dei “politicanti”. Il Movimento 5 Stelle si lancia con un profilo basso in queste elezioni: Grillo vuole evitare personalismi e anzi combatte sul fronte interno tutt’altra battaglia. A Roma Gianfilippo Valentini lavora al GoProject, molto simile al “Tutti a casa” invocato nei giorni scorsi dal Pd. Staremo a vedere se M5S riuscirà a infiltrarsi nella competizione tra i giganti di argilla.
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