Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

Diritto di critica | November 28, 2024

Scroll to top

Top

Da Alcoa all'Ilva, il settembre caldo che spaventa i Professori

Stiamo ripartendo, assicura il Governo. Ma il Paese brucia di proteste, a cui Palazzo Chigi non sa dare risposta. Alcoa, Sulcis e Ilva di Taranto sono le tre punte dell’iceberg, nodi critici da risolvere in giorni – e che Passera rinvia di mesi. Ma ci sono anche le poste, il pubblico impiego, le telecomunicazioni: l’autunno caldo dei sindacati è appena agli inizi, che ai Professori piaccia o no.

Alcoa. La fabbrica di alluminio di Portovesme si sta spegnendo, 5 celle al giorno dal 3 settembre. E – parola del ministro Passera – “non ci sono compratori, nè nazionali nè internazionali”. La Glencore, la multinazionale svizzera interessata  all’impianto, sta tirando sul prezzo dell’energia con Roma: solo con un massiccio sconto sul costo della corrente gli elvetici accetterebbero la patata bollente di Alcoa. Un incentivo rifiutato dal Governo, evidentemente, se l’offerta di vendita è scaduta senza successo il 31 agosto. Se così rimangono le cose, a dicembre l’impianto chiuderà definitivamente. L’incontro di oggi tra vertici aziendali e Governo al Mise dovrebbe scongiurare il peggio – non si sa come, a questo punto: sotto gli occhi – e i fischi – di 550 operai Alcoa in trasferta dalla Sardegna.

Carbosulcis. Il ministro Claudio De Vincenti assicura che “non esiste una data di chiusura per la miniera”. Eppure, a dicembre scadrà il bando per il progetto di riconversione dell’intera filiera di Nuraxi Figus, dall’estrazione del carbone al suo impiego nella nuova centrale Enel da costruire sul sito. “Chiederemo a Bruxelles una proroga”, dice De Vincenti. Intanto la protesta continua. Gli operai hanno abbandonato i presidi all’interno della miniera, 3 di loro hanno protestato sul tetto di un Silos di Portovesme per 4 giorni. Ieri 8 candelotti di dinamite sono stati rinvenuti sotto un traliccio dell’alta tensione, a pochi chilometri da Nuraxi Figus: il tempo sta scadendo.

Ilva. L’acciaieria di Taranto resta sotto sequestro, e anzi la Procura prevede la possibilità di rafforzare il blocco degli impianti. Non è “tutto risolto” come il ministro Clini pronosticava: le misure anti-inquinamento proposte dall’Ilva non convincono i magistrati. Ad esempio, intensificare il lavaggio con acqua dei parchi minerali, cioè la materia prima grezza, può aggravare la situazione, perché a valle non c’è nessun bacino di scarico in cui raccogliere le “acque nere”: finirebbero, tali e quali, nel Golfo. L’agitazione sindacale va avanti, i cortei e le manifestazioni ormai sono ricorrenze settimanali. Per Angeletti (Uil), il blocco dell’impianto “è un disastro sociale, un pessimo spot per l’industria italiana”. Oggi andrà in discussione alla Camera il piano di bonifica dell’area (336 milioni di euro), presentato dal Governo come “cosa fatta”: vedremo se passerà il vaglio delle aule, o se andrà in fumo.

Poste, Telecomunicazioni, Pubblico Impiego. Dopo un mese e mezzo di scioperi dello straordinario, i postali si preparano a rincarare la dose, protraendo fino al 12 ottobre la protesta. Le telecomunicazioni si avviano alla paralisi il 17 settembre, con il blocco della manutenzione delle reti telefoniche e in fibra ottica per l’intera giornata. E il 28 settembre è atteso lo sciopero nazionale del Pubblico Impiego, con l’adesione di tutte le sigle sindacali.