Spread? La Crisi è Reale
Un lunedì nero in Borsa è sopportabile. La speculazione sferza Milano e lo spread tra titoli italiani e tedeschi torna a sfiorare quota 500, ma non è questo il peggio. Il Pil che crolla, no: -1,4% in un anno al primo trimestre 2012. La domanda interna è ai minimi, la disoccupazione in crescita e i salari di giovani e operai (insieme un terzo del Paese) sono decimati. La nostra crisi non è finanziaria, è reale. Fino all’ultima goccia.
Lo spread. Prima di Monti era a 500 punti e segnava l’abisso di credibilità che separava l’Italia di Berlusconi dalla Germania della Merkel. Oggi viaggia a 470 punti e racconta la crisi di entrambi: di una Germania (e un’Europa) congelata, senza crescita, e un’Italia in recessione. Il problema non è la speculazione. Oggi i brokers preferiscono i rendimenti nulli del bund tedesco al grasso 6% italiano – vuol dire che si limitano a sopravvivere. Mettono i capitali sotto al mattone e aspettano che passi la tempesta. Perché si scommette sugli investimenti, e né Bruxelles né Roma stanno investendo un euro.
Il vero dramma, e la chiave della crisi, è nella domanda interna. L’Istat oggi ha pubblicato un resoconto trimestrale nerissimo: il prodotto interno lordo è diminuito dell’1,4% in un anno, peggio delle attese. A dare il colpo più forte, la contrazione dei consumi (-1,2%). Gli italiani non comprano, le aziende non investono, e il prossimo trimestre sarà anche peggio. Perché la gente ha bollette salate da pagare, 730 da riempire e Imu da sostenere in due rate – mentre il salario, quello sì, diventa ogni giorno più leggero.
Ripartire dalla domanda interna. Dare respiro alle finanze del cittadino-consumatore, invece che alle banche e agli Stati. L’indebitamento delle Capitali europee si salva riscattando il portafogli della gente, che deve poter tornare a comprare. Serve una defiscalizzazione dei redditi da lavoro, non come panacea ma come speranza di crescita.