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Diritto di critica | November 24, 2024

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Romy Schneider, retrospettiva a trent'anni dalla morte - Diritto di critica

Romy Schneider, retrospettiva a trent’anni dalla morte

Occhi verdi da gatta, una pelle di porcellana e un sorriso dolcissimo. Una bellezza senza tempo quella dell’attrice Romy Schneider, per nulla incrinata da una vita segnata da grandi dolori e violenti alti e bassi. Una bellezza intatta, che il Cinema conserva e tramanda.

Trent’anni fa moriva prematuramente nella sua casa parigina, a soli 44 anni. A ricordarla, cercando di colmarne la mancanza,  la giovane figlia Sarah Biasini – anche lei attrice, nata dal secondo matrimonio dell’attrice con Daniel Biasini, suo ex segretario – , con una mostra e un libro che celebrano un mito ancora vivo nella memoria di tutti. Il titolo del volume è “Romy”, semplicemente, ad opera di Jean Pierre Lavoignat; la mostra “Romy Schneider”,  dal 2 luglio al 2 settembre 2012 al Palais des Festival di Cannes, non è la sola in realtà a celebrarne il ricordo nell’anniversario della sua scomparsa: fino al 23 giugno, a Bonn, c’è un’esposizione a lei dedicata con centinaia di scatti privati, foto di scena, locandine, costumi e premi. Romy Schneider è indimenticabile, come ha sottolineato la figlia Sarah Biasini in un’intervista a Vanity Fair (30 maggio 2012). Il motivo? “I suoi film sono straordinari, come anche la sua bellezza e la sua capacità di emozionare”. Un’interprete che ha segnato un’epoca, questo sì, ma non solo. “Impossibile poi non pensare a quello che le è successo. E’ proprio questo che tòcca tutti così da vicino”.

Erano successe molte cose, nella vita straordinaria di Romy Schneider. Ma una, la più importante, fu la tragica morte del figlio quattordicenne David nell’81: il ragazzo morì trafitto dalla lancia appuntita di un cancello di casa che stava scavalcando, perchè non aveva le chiavi. Una fine assurda per un ragazzo che “racchiudeva in se’ tutta la grazia e la bellezza del mondo”, come ebbe a dire di lui la madre. Una madre che dopo la morte del figlio, distrutta dal dolore, non fu più la stessa. Che non visse più, ma sopravvisse soltanto, grazie ad alcol e farmaci. E il cuore non resse più, ad un certo punto. La Schneider morì quasi un anno dopo la scomparsa di David, lasciando la figlioletta Sarah di appena quattro anni e mezzo. Non chiare le cause, ma le condizioni generali dell’attrice fecero pensare al peggio.

Nata nel 1938 a Vienna in una famiglia di attori (la madre Madga era un’attrice di punta del cinema nazista), infanzia difficile e segnata dal divorzio dei genitori, Romy scoprì la recitazione molto presto, forse sotto sollecitazione materna. Tant’è che neanche diciottenne divenne celebre per aver dato il volto a alla principessa Sissi, e la sua bellezza naturale divenne celebre alla sua grazia: fu un trionfo, schiere di fan entusiasti e successo internazionale fecero decollare la carriera della giovanissima attrice austriaca. Romy Schneider non fu solo Sissi al cinema (il primo film ebbe così successo che ne seguirono altri due, “Sissi, la giovane imperatrice” e “Sissi, destino di un’imperatrice), ma quel che è certo è che impersonò altre volte donne dal capo coronato. Ad esempio nel 1954, appena ragazzina, quando fu la giovane regina Vittoria ne “L’amore di una grande regina”.

La svolta artistica per Romy Schneider arrivò però nel 1958, e coincise con un evento centrale della sua esistenza: l’incontro, travolgente, con l’attore Alain Delon. Un’attrazione fatale la loro, un amore forte e tormentato, in cui emerse la fragilità di lei e il temperamento indomabile e donnaiolo di lui; Cocteau scrisse di Delon che il suo aspetto ricordava quello “degli animali feroci”, per sottolinearne la bellezza fiera e dirompente e diceva ancora che dietro la grazia ingannatrice dei “capelli neri come la pece”, degli “occhi blu scuro dalle ciglia lunghe” del “ viso forte e lineare”,  ribolliva  “qualcosa di pericoloso”. La coppia Schneider – Delon segno’ un’epoca, belli e famosi, uniti nella vita e nell’arte, protagonisti insieme di numerose pellicole. Il primo fu nel ’58 appunto, “L’amante pura”, film tratto da una pièce di Arthur Schnitzler già portato sullo schermo nel 1932 da Max Ophuls (dove la madre Magda interpretava qui lo stesso ruolo che poi fu della figlia nel remake); altro celebre film che girarono insieme è datato 1969, “La piscina” di Jacques Deray. La relazione con Delon, determinò la scelta della Schneider di lasciare l’Austria e trasferirsi a Parigi: da allora la carriera dell’attrice, ormai decollata, si giocò prevalentemente sull’asse Francia/Italia.

Tra i suoi incontri più importanti, nella sua breve ma intensa vita, ci fu quello con uno dei grandi Maestri del cinema italiano, Luchino Visconti. Per lui Romy Schneider fu la principessa Elisabetta d’Austria in “Ludwig”, ma anche un’indimenticabile Annabella a teatro, in “Peccato che sia una sgualdrina” (sempre con Alain Delon). Oltre 60 film nella sua vita, che la videro diretta da registi importanti come Orson Welles, Otto Preminger, Claude Sautet, Bertrand Tavernier – nel cui film, “La morte in diretta” del 1980, raggiunse uno dei punti più alti della sua carriera – .

L’ultimo, con Michel Piccoli, nel ruolo di una donna nel cui passato è custodito un segreto, è stato “La signora è di passaggio”. La Schneider, si legge nella sua biografia, volle che ci fosse una dedica nei titoli di testa: “A David e a suo padre”. Forse i vuoti più dolorosi da colmare, che le impedirono di continuare a vivere.