Dalla meritocrazia al potere dei baroni. La ricerca italiana torna indietro di anni - Diritto di critica
Con il decreto semplificazioni la ricerca italiana torna indietro di anni. È stato abolito infatti il fondo destinato ai giovani ricercatori più meritevoli. L’idea era nata nel 2007 da Rita Levi di Montalcini e dal senatore Ignazio Marino. Una commissione under 40 divisa tra italiani e stranieri premiava, all’insegna della trasparenza e della meritocrazia, gli scienziati italiani più virtuosi attraverso l’assegnazione di 100 finanziamenti di circa 500 mila euro l’uno. Ora invece torna tutto nelle mani dei baroni universitari e dei burocrati ministeriali.
Addio alla meritocrazia. Un duro colpo per i ricercatori italiani che vedono il proprio futuro sempre più buio. I pochi fondi di cui dispone l’Italia dovrebbero essere sfruttati al meglio ed invece tornano nelle mani della solita casta incapace di riconoscere il merito ed il talento di nuove giovani promesse. Se è vero che la bravura rimane fondamentale per riuscire ad emergere, i soldi aiutano molto e soprattutto accorciano i tempi. All’estero i ricercatori hanno un’età media di 30 anni contro i 50 di quelli italiani. Ma nel Bel Paese investire nel futuro sembra significhi sempre sprecare. Così l’Italia si allontana con questo decreto dagli standard internazionali di valutazione.
L’Italia delle caste. La ricerca è il futuro. I giovani anche. Ma entrambi sono sempre le prime vittime dei tagli al contrario di altre ingiustificate ed enormi spese. Emigrare resta dunque per i ricercatori italiani l’unica speranza. Senza questi finanziamenti infatti molti di loro rimarranno disoccupati. Per un ricercatore senza fondi c’è però sempre il figlio di un politico o di un professore che può contare sui soldi pubblici. Quale futuro per un’Italia senza talenti e tanti raccomandati?
-
Come dicono a Roma: ce stanno rompendo er …… !!!!
-
TAGLIATI I FONDI PER SOLIDARIETA’ AL TROTA, TROPPA INTELLIGENZA DISTURBA, MEGLIO RUBARE SOLDI PUBBLICI.
Comments