La Grecia e quella crisi che affama i bambini - Diritto di critica
C’era una volta un’Europa ricca e prospera, dove decenni di apparente crescita economica post-bellica sembravano aver debellato l’incubo della malnutrizione, rimasto invece retaggio di quegli Stati e continenti “sottosviluppati”. C’era: perché adesso non c’è più. E quell’incubo ritorna a fare paura, specialmente nei Paesi del Vecchio Continente dove la crisi economica continua a colpire con più violenza. Prima tra tutti, la Grecia: quella Grecia delle manovre, martoriata, in cui la povertà è arrivata a fa sentire il suo peso anche sulle spalle dei bambini. A lanciare l’allarme è il comitato greco dell’Unicef, che insieme all’Università di Atene ha presentato in questi giorni il rapporto “La condizione dell’infanzia in Grecia 2012” circa le attuali condizioni dei più piccoli nel Paese europeo.
Le famiglie della crisi. Il rapporto non lascia spazio a dubbi di sorta: in Grecia moltissimi bambini sono malnutriti e vivono in condizioni malsane a causa del tremendo impatto della crisi economica. Il numero stimato di minori che vivono al di sotto della soglia di povertà – termine con cui si indica il reddito minimo che una famiglia tipo di quattro persone deve guadagnare al mese per l’alloggio e i generi di prima necessità – si aggira infatti sui 439mila, in famiglie che rappresentano il 20,1% del totale dei nuclei familiari ellenici. Quasi un quinto di essi, dunque, dei quali il 23,3% vive in condizioni ambientali sfavorevoli, ad esempio vicino a industrie inquinanti, il 37,1% non dispone di un adeguato sistema di riscaldamento in casa, il 27,8% abita in case umide o con problemi strutturali e il 21,6% ha una dieta povera di pollo, carne rossa, pesce o verdure.
Piccoli greci, tra malnutrizione e lavoro minorile. La questione relativa alla malnutrizione dei minori era stata già portata all’attenzione dei media qualche mese fa, quando la direttrice del brefotrofio di Atene Maria Iliopoulou aveva dichiarato di aver registrato in poche settimane circa 200 casi di neonati denutriti e denunciato come in diverse scuole della capitale molti bambini erano svenuti in classe per colpa della fame: anche questi episodi sono infatti citati nel rapporto Unicef. Non solo: nel paese ellenico sarebbe anche ritornato il lavoro minorile. Oltre 100mila, infatti, i minorenni che secondo le stime del difensore civico dei bambini contribuiscono al bilancio familiare, spesso molto scarso. «I bambini – sottolinea l’Unicef – sono il gruppo in assoluto più vulnerabile quando si verificano condizioni di estrema povertà. L’instabilità psicologica della famiglia influisce direttamente sulla psicologia e il comportamento dei bambini in tutti i gruppi sociali. La rottura dei legami sociali può mettere in evidenza la povertà estrema e un’esclusione che metterà alla prova l’intera società».
Prospettive future? Queste condizioni, secondo le stime degli osservatori e gli studi al riguardo, rischiano nei prossimi mesi di peggiorare e di far lievitare il numero di persone e famiglie coinvolte: un articolo di Vittorio da Rold pubblicato sul Sole 24 Ore riporta ad esempio un’indagine della Eapn (Società greca per la lotta alla povertà), secondo cui la Grecia potrebbe ben presto registrare più del 30% della popolazione al di sotto della soglia di povertà. Lo stesso articolo cita inoltre lo studio dell’Istituto nazionale di statistica Elstat, che evidenzia come negli ultimi mesi più di 400mila famiglie siano rimaste senza reddito perché nessuno dei componenti ha più un lavoro. La drammatica situazione ha riproposto scenari di degrado e miseria dimenticati in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale: e se si tiene conto che i minorenni sono in Grecia poco meno di 2 milioni (su una popolazione totale di circa 11 milioni di persone), i dati assumono un’evidenza ancora più preoccupante. «La Grecia – rivela infatti l’Unicef – ha la più alta percentuale di bambini sottopeso dei Paesi OCSE».
Sotto l’analisi dell’organizzazione è finito anche il grado di efficacia della legislazione greca e delle politiche relative al miglioramento delle condizioni di sostentamento dei bambini, così come previsto dalla Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ma, per l’Unicef, «mentre i trasferimento sociali totali dal 2000 al 2009 sono aumentati di 4,6 punti percentuali del Pil – passando dal 22,7% al 27,3%, per i bambini delle famiglie povere sono rimasti stabili» e del totale della spesa sociale, solo il 6,7% è destinato ai bambini, contro il 70,5% delle spese sanitarie per gli anziani.
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