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Diritto di critica | November 25, 2024

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Se l'acqua potabile è un bene di lusso - Diritto di critica

Se l’acqua potabile è un bene di lusso

Oro azzurro: così è stata spesso definita negli ultimi anni quella che forse è la risorsa primaria più importante per la vita sulla terra, quella idrica. Che sia o meno un eufemismo, un dato è certo: l’acqua potabile con il passare degli anni rischia di diventare sempre di più un bene di lusso, almeno per quanto riguarda quelle aree del mondo più decentrate e rurali. A riportare l’attenzione sul problema, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, è il rapporto Unicef – Organizzazione Mondiale della Sanità  “Progress on Drinking Water and Sanitation 2012”, presentato due settimane fa.

Se da un lato infatti la situazione circa l’accesso all’acqua potabile e ai servizi sanitari di base negli ultimi anni è migliorata (6,1 miliardi di persone hanno accesso a fonti migliorate di acqua potabile, pari a circa l’89% della popolazione mondiale ), dall’altro nel rapporto si evidenzia anche una forte disparità tra contesti urbani e rurali circa l’approvvigionamento idrico. In altre parole, a livello globale l’acqua potabile raggiunge ancora con maggiore difficoltà le aree decentrate rispetto alle città. I numeri parlano chiaro: erano 783 milioni le persone nel mondo che nel 2010 senza accesso a fonti migliorate di acqua potabile, di cui 653 milioni vivevano in contesti rurali. Dati in linea con quelli relativi alla situazione dei servizi igienico-sanitari, secondo cui il 79% della popolazione urbana globale utilizza servizi migliorati rispetto al 47% della popolazione rurale.

«I governi devono assicurarsi che grazie alle risorse spese si ottengano  risultati concreti per le persone più povere – ha affermato al riguardo Sanjay Wijesekera, responsabile Unicef dei programmi acqua e servizi igienici -, altrimenti rischiano di lasciare un’ampia parte della loro popolazione, in particolare i bambini, sempre più vulnerabile alle malattie». L’attenzione dell’associazione umanitaria si è focalizzata in particolare sui paesi più poveri – come ad esempio l’Africa sub-sahariana – dove il divario città-aree rurali è particolarmente acuto: mediamente 97 abitanti su 100 delle zone rurali non hanno un sistema di tubazioni che permetta di avere l’acqua in casa. «Non possiamo celebrare il progresso – ha affermato il presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrera al riguardo – fino a quando coloro che sono più difficili da raggiungere non avranno la possibilità di aprire e chiudere un rubinetto, o andare a un pozzo o ad una pompa per ottenere acqua potabile sicura per le loro necessità quotidiane».

La situazione ha anche un risvolto di natura sociale: secondo l’Unicef, infatti, sono principalmente le donne ad occuparsi dei viaggi per l’approvvigionamento di acqua in quelle aree non adeguatamente servite da una rete idrica, spendendo mediamente ogni giorno nel mondo circa 16 milioni di ore  per la raccolta di acqua potabile, contro i 6 milioni di ore spese dagli uomini.

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