Musy non è Biagi, ma alla politica fa comodo dirlo - Diritto di critica
Non è terrorismo. Forse ci si arriverà, allo scontro armato tra popolo e Stato, ma non è adesso, non è a Torino. Chi ha sparato è un dilettante, registrato dalle telecamere di via Barbaroux, già notato dalla gente in precedenza. Forse ha anche sbagliato vittima, secondo gli inquirenti. Intanto tutto il mondo politico alza il livello di allarme e ammicca con mille comunicati alla “matrice terroristica”.
L’agguato al consigliere comunale dell’Udc Alberto Musy non ha nulla a che fare con gli attentati D’antona e Biagi, o alle gambizzazioni delle Brigate Rosse negli anni ’70-’80. Non lo è perché chi ha sparato ha premuto il grilletto per 6 volte, colpendo 4 volte il braccio destro della vittima e mancandolo 2 volte, senza procurare danno mortale: la prognosi riservata è dovuta all’emorragia cerebrale causata dalla caduta, non dai proiettili.
Non è un attentato terroristico perché è avvenuto in una via controllata da telecamere a circuito chiuso, che hanno registrato l’aggressione e che già hanno fornito agli inquirenti l’identikit parziale dell’aggressore. Non lo è per la vittima stessa, un avvocato con poche ambizioni in politica, che ha lavorato con la Fornero una decina d’anni fa e che sulla Tav non ha praticamente detto nulla. Non a caso gli inquirenti stanno indagando sulla vita professionale di Musy, ed avrebbero già trovato una ex dipendente del suo studio che gli aveva giurato vendetta per presunto mobbing.
Ma il mondo politico ha fatto il possibile per creare un clima di tensione. La parola “violenza” rimbalza dal centro al centrodestra, anche da Twitter, sul tema del giorno: la trattativa saltata tra Governo e Sindacati, lo sciopero generale indetto dalla Cgil contro la modifica dell’art.18. Come dire: “ecco, vedete che succede a protestare, a rompere le trattative, a non accettare le riforme?”
Il ministro Cancellieri non migliora la situazione, convocando ieri un vertice di sicurezza strombazzato ai quattro venti. Un vertice al termine del quale definisce l’agguato Musy “di matrice oscura”. D’altronde lo stesso ministero, da mesi, parla di rischio di spaccatura sociale. Secondo parecchi rapporti del Sisde, è “probabile” una recrudescenza della violenza terroristica, con possibili obiettivi civili e politici. In questo senso, la manifestazione del 15 ottobre a Roma rientrerebbe – secondo i servizi – in un “crescente clima di tensione”. Forse sarebbe stato più onesto evitare di cavalcare questo agguato per forzare le posizioni e cercare colpevoli senza sporcarsi le mani: forse sarebbe stato più onesto aspettare almeno la serata di ieri per esprimersi, invece di spargere tempesta in vista delle elezioni.