Aguyar, un "extracomunitario" al fianco di Garibaldi - Diritto di critica
Probabilmente oggi non riusciamo a capire che, nonostante l’estrazione sociale, un individuo con i soli sogni di libertà e giustizia può entrare a far parte dei libri di Storia. Nel nostro tempo accedere a quella élite, significa avere soldi, tanti soldi da accumulare che servono a raggiungere notorietà e potere. Bisogna dire che, la Storia, è una costruzione fatta a tavolino da uomini che hanno l’obbligo di “difendere” la patria da eventi e turbolenze esterne. Quindi, a volte, per gli storici è meglio non parlare di certe cose. Ci sono tabù e dogmi da non sfatare.
Nelle lotte di Giuseppe Garibaldi, conosciamo numeri e fatti ma pochi ricordano i personaggi che lo hanno accompagnato durante le sue avventure. In loro, non c’erano strane idee, nessuno aveva l’ambizione di conquistare il mondo o sedersi in un tavolo e spartirsi la fetta di terra conquistata. Austriaci, Francesi, Spagnoli, mezza Europa metteva le mani sulla penisola italiana. In quella piccola terra moribonda, da Nord a Sud, scorreva una vena colma di persone umili e sincere. Analfabeti, ma con un cuore grande che non riusciamo a immaginare. Lì in mezzo, c’era anche un ex schiavo. Uno straniero. Sotto la camicia rossa, segno distintivo scelto da Garibaldi quando scelse di difendere la Repubblica uruguayana, c’era un omone di pelle nera.
Andrea Aguyar era figlio di schiavi uruguayani di origine africana, un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee delle Americhe come lo furono tanti altri deportati. Era uno schiavo e lo rimase fino a quando in Uruguay non venne abolita la schiavitù in seguito alla guerra civile del 1838. Non scendeva a compromessi e non sognava di diventare un eroe miliardario, era uno dei tantissimi figli della tratta atlantica.
In quei giorni d’assedio, Aguyar conobbe Garibaldi, un uomo bianco che combatteva la schiavitù. Quando l’italiano tornò in Europa nel 1848, Aguyar lo seguì. Tra di loro nacque una splendida amicizia, dimenticata dai libri di Storia, chissà per quale motivo. Spesso, è proprio questo aspetto umano di alcuni personaggi che la storia non riesce a ricostruire aldilà delle vicende importanti. Invece, sono proprio questi gli aspetti importanti che un alunno dovrebbe sapere e non la semplice data di una battaglia. Fu una grande amicizia, comunque subordinata da parte di Andrea che, con il suo passato da schiavo, si poneva quasi come il servitore di Garibaldi. Nel tempo in cui nacque questo legame, la società di allora, non favoriva il rapporto a causa delle “diversità” sociali tra i due. C’erano dei limiti invalicabili. I pregiudizi del tempo, e a volte ancora presenti, ostacolavano il considerarsi alla pari tra esseri umani. Nonostante queste forzature, questa forte amicizia sbocciò e Aguyar sbarcò in Italia.
L’uruguayano rimase al fianco di Garibaldi sin dalle fasi iniziali della prima guerra di indipendenza italiana, partecipando alle vittorie di Luino e Morazzone. Durante la sua permanenza nella futura capitale d’Italia, arrivò l’ondata di attenzione mediatica internazionale a questo omone che difendeva la Repubblica Romana. Molti giornalisti erano curiosi e scrivevano di questo “esotico” personaggio, unico tra tutti. Oggi, lo abbiamo un pò abbandonato e posto nel dimenticatoio. Non compare nei libri di scuola e nei racconti “eroici” di quelle vicende. Secondo le fonti, Aguyar, salvò più volte la vita di Garibaldi, come durante la battaglia di Velletri contro i soldati borbonici del Regno delle Due Sicilie, quando difese il generale caduto da cavallo e in pericolo.
L’ex schiavo morì nel 1849 proprio mentre difendeva Roma dai Francesi. Quattro giorni dopo l’arrivo di Anita Garibaldi, precisamente il 30 giugno, fu colpito da una bomba nei pressi di Santa Maria in Trastevere. Pieno di sangue, e con l’ultimo filo di voce, riuscì a gridare: “Viva le repubbliche d’America e di Roma!”.
Aguyar era un immigrato che combatteva per la nostra libertà, per rendere reale il sogno di Garibaldi e milioni di italiani. La piccola Repubblica Romana nata nel 1849 durò appena 5 mesi a causa dell’intervento militare di Napoleone III, che ristabilì l’ordinamento pontificio. Questa esperienza non fu insignificante, fu importante nella storia dell’unificazione italiana. In quei pochi mesi, Roma passò dalla condizione arretratezza ad un paese ricco di idee democratiche. Nelle strade si parlava di libertà, di suffragio universale, abolizione della pena di morte e la libertà di culto, che poi sarebbero diventate realtà in Europa solo un secolo dopo. In quel pezzo di futura Italia c’era anche Aguyar, ma ben poca memoria resta. Nonostante le sue vicende, non si capisce perché il busto dell’uruguayano non è presente tra le statue e i monumenti del gianicolo. Il suo nome compare solamente in una scalinata non lontano da dove fu ucciso e porta il nome di “Andrea il moro”.
Nel 2012 in Italia ci sono tanti Aguyar che combattono ogni giorno per migliorare il paese dove sono residenti. Le loro mani, le loro tasse e le loro idee possono solo arricchire il Paese, ma qualcuno ancora non lo vuole capire e continua ad uccidere Aguyar, l’immigrato e amico di Garibaldi che aiutò l’Italia a nascere.
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L’Italia è fatta di tanti diversi, fino dal tempo antico. Oggi come allora pochi vogliono disconoscere questo evento.
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