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Diritto di critica | November 22, 2024

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Mondo del giornalismo in subbuglio: che fine faranno i pubblicisti? - Diritto di critica

Mondo del giornalismo in subbuglio: che fine faranno i pubblicisti?

di Francesco Formisano

Saranno aboliti o no i pubblicisti? Questo è il dilemma che nelle ultime settimane attanaglia l’Ordine dei Giornalisti e tanti, troppi reporter precari. La legge 69 del 3 febbraio 1969, oltre a formalizzare la nascita dell’Ordine dei giornalisti, sanciva la differenza tra professionisti e pubblicisti: i primi esercitano «in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista» e vengono iscritti all’Albo, in un apposito elenco, solo dopo il superamento di un esame di idoneità professionale. Pubblicista è, invece, chi svolge «attività giornalistica non occasionale e retribuita», pur avendo altri impieghi. I professionisti, però, costituiscono una notevole minoranza tra chi pratica la professione. Molti sono appunto i pubblicisti(coloro che hanno già conseguito il cosiddetto patentino), dei precari in attesa di stabilizzazione, e di una grandissima schiera di collaboratori che vengono – quando va bene – remunerati a pezzo.

In seguito all’ultima manovra del Governo Monti, che in pratica riprendeva quanto già proposto dal decreto del 13 agosto 2011, in molti hanno ritenuto che l’albo dei pubblicisti sarebbe stato abolito, colpendo proprio i giornalisti precari. Il decreto specifica che “Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”, ribadendo come data ultima il 12 agosto del 2012. In sostanza il governo Berlusconi come il suo successore, si sono proposti di rivedere alcuni meccanismi dell’Ordine dei giornalisti, anche se c’è poca chiarezza sui punti salienti della riforma.

Chiarezza che ha provato a fare il presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, Enzo Iacopino, attraverso una nota consultabile sul sito dell’Ordine stesso. Iacopino, senza risparmiare la sua esperienza ed un pizzico di ironia, smentisce categoricamente che possa essere abolito l’albo dei pubblicisti, anche se rammenda che si dovranno seguire alcune linee guida, contenute nel decreto, e che, secondo il suo parere, già sono dei capisaldi d’azione degli organi dell’Ordine dei Giornalisti. Innanzitutto “l’accesso alle professioni è libero, e non ci può essere numero chiuso”, come richiesto dal decreto. In secondo luogo, è previsto “l’obbligo della formazione continua” (aspetto allo studio dell’Ordine) e al “tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria” (cosa che già avviene per chi fa il praticantato nelle redazioni). Non è chiaro invece che fine farà l’albo dei pubblicisti. Per ora il governo non ha ancora iniziato a lavorare al DPR che regolamenterà l’Ordine dei giornalisti.

Ma il Presidente Iacopino non cita affatto l’ipotesi di una possibile riforma che possa sburocratizzare l’intero ambito, cioè lo stesso ordine che è una struttura risalente agli anni ’60. Rispetto al 1963 infatti, i mezzi di comunicazione si sono evoluti in modo esponenziale, e i compiti di questo albo professionale non rispecchiano più le intenzioni del tempo.

Attualmente sono diverse le ipotesi di revisione: la prossima riunione dell’Ordine dei Giornalisti, programmata per i giorni 18, 19 e 20 gennaio, potrà essere risolutiva in tal senso, visto che in questa seduta dovrà essere formulata una proposta di riforma che tenga conto delle direttive impartite dal decreto del 13 agosto, e che verrà sottoposta poi al governo Monti, anch’egli pubblicista.