Nuova stazione Tiburtina. Il tempio dell’Alta velocità è incompiuto - Diritto di critica
Ci vuole curiosità e un pizzico d’audacia per scoprire la nuova stazione Tiburtina, snodo principale a Roma e in tutta Italia dell’Alta velocità, brillante opera progettata dallo studio dell’architetto Paolo Desideri per conto di Ferrovie dello Stato e nuovo sgargiante biglietto da visita dell’Italia nel mondo. Per entrarci, al momento, bisogna lasciarsi alle spalle l’ingresso della metro e infilarsi in un corridoio buio e un po’ nascosto, in fondo al grande atrio di circonvallazione Nomentana, che già da un anno accoglie migliaia di pendolari. Poi salire a piedi – le scale mobili sono spente e sbarrate da alte transenne – da soli, perché pochi altri si avventurano fin qui, e con la sensazione di essere in qualche modo un intruso.
La stazione è ufficialmente aperta, inaugurata in grande stile a fine novembre, con Giorgio Napolitano a svelarne la stele intitolata a Cavour nella hall interna, di fronte ai sorrisi di un parterre politico da grande occasione, fatto di volti vecchi, nuovi e nuovissimi. A fronte di un investimento da 330 milioni di euro, la nuova stazione Tiburtina accoglierà 150mila passeggeri ogni giorno. Eppure, l’ingresso principale è ancora un’immensa saracinesca chiusa, dei 20 binari ne funzionano solo una decina, anche a causa dell’incendio che a luglio ne ha messo in crisi la viabilità, i treni veloci in transito sono quattro, in attesa dell’11 dicembre, quando l’orario invernale ne prevederà diciotto.
In cima, lo spettacolo è da ricordare: il boulevard sospeso attraversa l’enorme fila di binari – che, storicamente, spacca in due il quartiere – ricongiunge le due sponde e non delude le aspettative. Davvero un segno della “straordinaria capacità di innovazione e realizzazione dell’Italia”, come ha orgogliosamente ricordato Napolitano. Bello, maestoso, moderno. Però anche vuoto. Nemmeno un negozio, un’edicola o un bar, solo saracinesche abbassate, grandi box verdi che pendono vacanti dal soffitto, qualche biglietteria automatica e una manciata di curiosi e turisti che passeggiano spaesati in cerca della via d’uscita. Le lettere di partecipazione arriveranno a breve alle ditte che riempiranno di attività commerciali la nuova Tiburtina, le partecipate di Trenitalia, Grandi Stazioni e Centostazioni, su tutte. Ma per prendere un caffè dall’Autogrill ci vorrà del tempo.
Intanto, all’esterno del nuovo tempio dell’Alta velocità nulla è mutato. Il vecchio labirinto di rampe, svincoli e piloni della tangenziale sopraelevata nasconde quasi del tutto la facciata della stazione. La sopraelevata sarà abbattuta, hanno promesso dal Campidoglio, anche grazie all’aiuto di Trenitalia che, con i fondi di Roma Capitale, ha scavato il tunnel che la sostituirà. Sarà aperto il 21 aprile, pronto per una scintillante inaugurazione alla vigilia del natale di Roma, poi si penserà a buttar giù la rampa, anche se i fondi per farlo sono ancora da trovare.
Non c’è nulla, invece, che nasconde la sporcizia, il degrado e la miseria della piazzetta di fronte. Immancabile caos di auto in doppia fila, negozietti di quart’ordine e bancarelle ambulanti, fango, marciapiedi stretti e sfigurati dalle buche e le barriere architettoniche: impraticabili a piedi, figurarsi in carrozzella, oppure, semplicemente, con un trolley. E a venti metri dal boulevard, una grande struttura abbandonata: un ex centro di pescicoltura, che in passato ripopolava i fiumi del Lazio, oggi ospita decine di senzatetto, spesso accampati anche fuori, sotto i ponti della tangenziale.
Tutta la piazzetta antistante sarà completamente rivista, restaurata e ripulita dalle auto: all’Università “la Sapienza” è stato affidato lo studio di fattibilità per un progetto da 30 milioni di euro. Ma al momento, a una settimana dall’inaugurazione, ci sono le transenne e i teloni che coprono i lavori ancora in corso, ma ne svelano l’inadeguatezza.
-
Ah, ecco, qualcuno finalmente si è accorto che è stata una inaugurazione farlocca… Alleluja…
Comments