Acqua virtuale, oltre 140 litri in un caffè - Diritto di critica
Scritto per noi da Marta Antonelli.
Nel cibo che mangiamo, nelle scelte che facciamo al supermercato o al ristorante, c’è acqua. Migliaia di litri di acqua, racchiusi in un hamburger, un uovo o un caffè. E’ il concetto di acqua virtuale, inteso come quantità di oro blu consumato per produrre alimenti. Un nuovo strumento degli esperti per ricordare a noi cittadini-consumatori che la risorsa più preziosa del nostro pianeta è limitata, e ogni scelta di consumo può minarla.
L’acqua è la base di ogni forma di vita sul pianeta. Malgrado la superficie terrestre sia letteralmente ‘ricoperta’ d’acqua (75%), quella direttamente utilizzabile per il consumo umano rappresenta solo una piccola frazione del totale, corrispondente allo 0.1% dell’acqua dolce presente sul pianeta (2.5%). L’adeguata disponibilità di acqua è da sempre la conditio sine qua non dello sviluppo delle civiltà e ciò che ha permesso – e permette tuttora – all’uomo di dissetarsi, sfamarsi, insediarsi in un territorio, commerciare. Le risorse idriche sono il motore essenziale di qualsiasi attività umana: dal soddisfacimento dei bisogni domestici, alle molteplici applicazioni nel settore industriale. Soprattutto, l’acqua è il principale input di produzione agricola – con un tasso di prelievo medio del 71%, contro il 19% del settore industriale e il 10% per l’uso civile-domestico (dati FAO).
In un mondo di sette miliardi di abitanti, interrogarsi sui limiti della Natura e sulle prospettive per le generazioni future richiede nuove forme di consapevolezza. Tutte le risorse naturali di cui l’uomo si appropria – acqua compresa – sono intrinsecamente limitate e sottoposte a cicli di rigenerazione (totale o parziale) dettati da leggi che mal si conciliano con gli attuali ritmi di prelievo e sfruttamento.
Un buon punto di partenza è la consapevolezza dell’impatto che le nostre attività quotidiane – nella duplice accezione di comunitarie e del singolo – hanno sulle risorse naturali. Collegare cioè stile di vita e personali scelte di consumo al contesto globale, in particolare per quello che riguarda ciò che portiamo a tavola. La maggior parte dell’acqua che utilizziamo è in forma virtuale, cioè contenuta ‘invisibilmente’ in ciò che arriva sulla nostra tavola dopo aver passato le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione. Si tratta dell’acqua che letteralmente ‘mangiamo’, responsabile dell’apporto calorico giornaliero di ogni essere umano. Le cifre sono davvero sorprendenti: 140 litri in una tazzina di caffè, 120 litri in un uovo, 2.400 in un hamburger, secondo i dati del Water Footprint Network. Il concetto di acqua virtuale “può aiutare i consumatori a comprendere l’impatto delle loro scelte individuali sulle risorse della collettività (…) e permettere di vedere caratteristiche dell’acqua (…) alle quali siamo stati ciechi fin dalla preistoria” spiega John Anthony Allan, professore emerito del King’s College di Londra e premio di Stoccolma per gli studi sull’acqua nel 2008, nel suo ultimo libro “Virtual Water: Tackling the Threat to Our Planet’s Most Precious Resource”, edito dalla I. B. Tauris nel 2011.
Da anni la comunità scientifica e civile spingono per invertire la tendenza rispetto alle attuali modalità di appropriazione umana delle risorse. Si tratta di una vera e propria sfida che, all’affacciarsi della Conferenza ONU sullo Sviluppo Sostenibile “Rio+20”, coinvolge forze economiche e politiche a livello locale e internazionale. Ma non solo. Innescare un processo virtuoso volto al cambiamento richiede prima di tutto un cambiamento di civiltà. Questo passa da un’informazione dinamica e trasparente e dalla consapevolezza che questa contribuisce a creare. Informarsi è potere di scegliere. L’informazione costituisce la base di un radicale cambiamento cognitivo – quello che Daniel Goleman chiamava nel 2009 “intelligenza ecologica” -, il primo passo verso il passaggio ad un gradino evolutivo superiore, un’alleanza Uomo-Natura. Cominciamo quindi a privilegiare una dieta più responsabile basata sul maggiore consumo di cereali e vegetali. A beneficiarne non sarà solo la nostra salute ma anche il pianeta. I cambiamenti non saranno virtuali ma reali e tangibili.