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Diritto di critica | November 21, 2024

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Usa: il calcio del futuro tra stipendi d’oro e popolarità - Diritto di critica

Usa: il calcio del futuro tra stipendi d’oro e popolarità

Alex Del Piero negli Stati Uniti il prossimo anno? Forse. La provocazione, o più di una possibilità, è stata lanciata due giorni fa da Ernesto Bronzetti durante la trasmissione ‘Controcampo linea notte’. L’agente Fifa ha lasciato intendere come ci siano stati già dei contatti tra l’entourage del capitano bianconero e alcuni dirigenti sportivi della Major League. Da bandiera della Juventus, dopo 18 anni di onorata carriera, a prodotto commerciale negli Usa. E qui, i tifosi della Vecchia Signora potrebbero non essere d’accordo. Le logiche commerciali, però, puntano sugli indici di popolarità dei calciatori.

L’ex capitano della nazionale inglese e sex symbol David Beckham aprì le porte all’emigrazione calcistica europea in America, divenendo un punto fermo dei Los Angeles Galaxy. Beckham, in passato colonna del Manchester United e del Real Madrid, nel 2007 approdò nella Major League, lontano dal competitivo calcio europeo e attratto dai lauti compensi. Negli Stati Uniti ha collezionato 85 presenze e realizzato 11 reti. Lo stipendio annuale è stato il più elevato in tutta la Major League: circa 6,5 milioni di dollari. Vicino agli standard e ai guadagni dei top player europei. Ora il futuro di Beckham è ancora da valutare: dopo la conquista del titolo con i Los Angeles Galaxy, a sorpresa potrebbe far ritorno in Europa, attratto dai petrodollari del Paris Saint Germain.

L’evoluzione del calcio americano è certificata anche da Arsene Wenger, in un’intervista al canale di casa ‘Arsenal Tv’: “Il calcio sta diventando sempre più popolare negli Usa, dove la qualità sta crescendo. L’America produrrà sempre più calciatori di livello, come in Asia. Entrambi producono giocatori con una grande filosofia del lavoro. Una volta che avranno ricevuto un’educazione calcistica simile alla nostra, tireranno fuori ottimi prodotti”. L’Arsenal da tempo fa allenare con la squadra riserve i migliori talenti statunitensi. Ultimamente, è arrivato il giovane Brek Shea del FC Dallas, per un breve stage fino a dicembre, prima di aggregarsi al ritiro della nazionale Usa. “Si allenerà con la prima squadra quando possibile – ha spiegato l’allenatore francese –, facendo pratica con i migliori giovani inglesi, anche in sessioni extra. Sarà a contatto con il top del calcio mondiale e, per questo, non c’è posto migliore della Premier League”.

Dopo Beckham, i tifosi che sempre più affollano gli stadi americani (in questo senso i mondiali di Usa ’94 hanno rappresentato uno spartiacque) hanno potuto godere delle giocate di campioni del calibro di Donovan (il più grande calciatore americano di tutti i tempi), l’ex stella dell’Arsenal e della nazionale transalpina Henry (New York Red Bulls, 4.5 milioni di dollari l’anno), l’irlandese Keane (Los Angeles Galaxy), il colombiano Angel (Club Deportivo Chivas, 1.9 milioni di dollari) e il messicano, ex del Barcellona, Marquez (New York Red Bulls, 3 milioni). Gli ingaggi dei calciatori rappresentano un aspetto consistente dei bilanci societari statunitensi, anche se ci sono degli importanti sponsor che finanziano le campagne acquisti.

Il calcio femminile Made in Usa è in continua ascesa. Attualmente sono circa 18 milioni le atlete che ogni giorno giocano a calcio. Lo stesso presidente Barack Obama ha seguito con trepidazione la finale contro il Giappone al mondiale in Germania (le sue due figlie giocano entrambe a calcio). Il social network Twitter, durante i 90 minuti della finale, ha contato circa 7mila nuovi messaggi al secondo, con aggiornamenti sul risultato, commenti e considerazioni degli appassionati. La partita ha avuto un’eco ben superiore alla finale dei Mondiali in Sud Africa del 2010 (3200 post al secondo). Anche la nazionale di calcio maschile, allenata dall’ex coach della Germania Jurgen Klinsmann, ha un discreto seguito, segno evidente che la mentalità degli sportivi statunitensi sta cambiando.

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