Pensionati supertassati dall'inflazione, ormai 3 milioni sotto i 400 euro mensili - Diritto di critica
Pensionati supertassati. L’Italia col bastone e l’assegno di anzianità paga allo stato più tasse del dovuto, a causa dell’inflazione crescente. In pratica, i pensionati risultano “più ricchi” sulla carta, accedono a categorie di reddito più alte, e pagano più tasse: ma il loro potere d’acquisto resta lo stesso, e diminuisce dopo il versamento delle imposte. Uno scherzetto da 1700 euro a testa, e poco consola sapere che è diluito tra il 2008 e il 2014.
Dal 2008 ad oggi, l’importo medio delle pensioni di anzianità è cresciuto del 5%, portando a 253 miliardi di euro le erogazioni previdenziali complessive dell’Inps. Ma non significa che i pensionati sono più ricchi: il potere d’acquisto diminuisce al ritmo del 3,1 %, e le tasse (soprattutto l’Irpef, che trae dagli anziani un terzo del gettito) deprimono ulteriormente il margine di spesa. Alla fine dei giochi, un pensionato medio ha perso in tre anni oltre 500 euro, e nei prossimi 3 ne perderà altri 1200.
Forse è davvero un bene l’allungamento dell’età pensionabile. Oggi 8 milioni di pensionati non raggiungono i 1000 euro mensili, e oltre 3 milioni vivono sotto la soglia di indigenza con 400 euro. In Italia sono 16,7 milioni le persone a cui la legge assegna la pensione: la metà di questi è povera, uno su cinque è gravemente indigente.
Serve quindi una riflessione su due aspetti. Per prima cosa, la distribuzione delle pensioni: le donne prendono circa il 30% in meno degli uomini, e al sud l’assegno medio è considerevolmente più basso che al Nord. Rispetto ad una media nazionale di 900 euro mensili, le regioni settentrionali stazionano intorno ai 100o euro contro i 783 del sud.
In secondo luogo, l’età pensionabile. Forse è proprio nell’interesse degli anziani lavorare più a lungo, prima di vedere depresso il proprio reddito una volta usciti dal mercato del lavoro: a fronte dei 1300 (medi) euro mensili (più tredicesima ed emolumenti vari), si trovano ad affrontare la vecchiaia con meno di 800 euro mensili, per il 20% di loro anche sotto i 400. A cui si aggiunge la difficoltà di sostenere economicamente figli e nipoti, che già oggi, con un tasso del 27% di disoccupazione giovanile e la disoccupazione complessiva al 7,8%, hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.
Sulle pensioni la soluzione appare lontana. Ma se è vero che il numero di pensionati è già oggi estremamente elevato (70 pensionati ogni 100 occupati), è anche vero che bisogna ripensare il sistema – al rialzo, non al ribasso. Uscire dal mercato del lavoro non deve significare diventare indigente, specie se la rete assistenziale dello Stato non garantisce servizi non finanziari (come sanità, assistenza domiciliare, coinvolgimento sociale) capaci di soddisfare i bisogni dell’anziano.
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